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Salvini frena Schillaci sulla sigaretta elettronica: "Non stiamo esagerando?"

Corrado Ocone
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Che il fumo faccia male è assodato. Così come fanno male tante altre cose piacevoli o appetitose: una frittura, un piatto particolarmente grasso e speziato, una buona grappa. L’importante è esserne consapevoli, avere le giuste informazioni scientifiche, e poi scegliere soppesando razionalmente costi e benefici di una eventuale rinuncia. Non esiste infatti solo la salute del corpo, ma anche quella dell’anima, la quale si nutre anche di piccole “trasgressioni” come il fumare e di una dose omeopatica di “irrazionalità”.

Lo Stato di diritto o liberale in linea di principio non dovrebbe avere nessun potere sui nostri gusti e sui comportamenti che ne conseguono se questi ultimi generano danni solo a me e in piena consapevolezza. È su eventuali danni a terzi che invece lo Stato ha il dovere di intervenire e vietare. Sacrosanta fu perciò la legge che vietò, qualche decennio fa, il fumo nei locali pubblici: il legislatore impediva in quel modo che si arrecassero danni ai fumatori passivi o loro malgrado. È in base a queste considerazioni che la sapienza politica liberale ci dice che bisognerebbe andare cauti con le restrizioni, non esagerare, come ha fatto presente il ministro Salvini commentando i provvedimenti legislativi in arrivo che sancirebbero lo stop totale al fumo anche all’aperto, ad esempio nei parchi o alle fermate dell’autobus. E anche alle sigarette elettroniche, che pure, come ricorda sempre il leader della Lega, stanno aiutando molti ad abbandonare quelle normali.

 

STATO ETICO
Pas de zèle, avrebbe detto uno che di politica se ne intendeva, il marchese Talleyrand, diffidando. L’impressione è che ad agire, non solo in Italia, sia l’idea che tutto è permesso al legislatore se lo scopo è quello nobile di fare del bene ai cittadini, decidendo in loro vece in cosa consista il loro benessere e la loro felicità. Ma le vie dell’inferno, come ci ricorda una vasta letteratura, sono lastricate di buone intenzioni.

Kant e von Humboldt, ma anche Tocqueville e Mill, non avevano dubbi in proposito: il paternalismo, lo Stato pedagogo e moralizzatore, lo “Stato etico”, è il nemico più insidioso per la nostra libertà. Esso vorrebbe accompagnare l’uomo per mano nella vita, togliendogli ogni dignità e finendo per considerarlo non molto diverso – sono parole di Kant – da quelle pecore che il buon pastore porta al pascolo. L’autore della Democrazia in America andò ancora oltre, prevedendo, in pieno Ottocento, che il dispotismo dei tempi futuri si sarebbe potuto presentare con questo volto buonista e suadente.

L’ideologia salutista sembra prestarsi molto bene alla bisogna, facendo sentire in colpa chi fuma o sgarra a tavola e additandolo in qualche modo alla società come persona strana e poco raccomandabile. Essa, come ha osservato il sociologo Frank Furedi, è il volto suadente e benigno del «nuovo conformismo». Dietro quel volto essa finisce però per appelesare la sua vera sostanza: il suo essere pervasiva e intollerante superando ogni distinzione fra sfera pubblica, di pertinenza dello Stato, e sfera privata o individuale.

 

Più in generale, il salutismo, per dirla questa volta con Michel Foucault, mette in campo una strategia di «medicalizzazzione della società» e di «immunizzazione» che è una tendenza forte e pericolosa delle nostre società avanzate: si vorrebbe eliminare l’ “impuro”, l’ “imperfetto”, l’ “anormale”, il “non sano”, dalla dialettica della vita, non accorgendosi che se mai un tale obiettivo fosse raggiunto la vita stessa non avrebbe più senso. Essa è anche, infine, un momento di quel processo di giuridicizzazione del sociale che, in nome di presunti “diritti positivi”, vuole tutto normare e regolare, come ci ha ammonito Michael Oakeschott. È il buon senso, la misura, l’equilibrio fra norma e vita, il senso del limite, che ha fatto grande la nostra civiltà. Il buon legislatore dovrebbe sempre tenerlo a mente e fermarsi davanti a ciò che per sua natura non è legiferabile.

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