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Pnrr, la mossa di Giancarlo Giorgetti: "Valutiamo un provvedimento"

Michele Zaccari
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Dalle parti di Palazzo Chigi la preoccupazione è palpabile. I ritardi ereditati dai governi precedenti rischiano di far deragliare il Pnrr, con la premier Meloni nella scomoda posizione di capro espiatorio. Già perché dopo i primi due anni durante i quali per ricevere l’assegno da Bruxelles bastava pubblicare un bando o scrivere un decreto, adesso le scadenze si fanno decisamente più impegnative. È la famosa “messa a terra” dei progetti, ostacolata dalla carenza di personale negli uffici pubblici e impantanata nella paludi della burocrazia. Non a caso ieri, ospite della kermesse allestita dal Forum Ambrosetti a Cernobbio, Giancarlo Giorgetti ha annunciato che il governo «sta valutando un provvedimento (che dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri giovedì, ndr) per migliorare l’organizzazione della struttura della pubblica amministrazione per il Pnrr». Inoltre, ha aggiunto il titolare dell’Economia, per far fronte al fenomeno dei bandi andati deserti «a causa della mancanza di imprese disponibili a realizzare le opere», occorre «ri-orientare l’offerta privata», impegnata nelle ristrutturazioni edilizie, verso i progetti del Piano, che «è la priorità del governo».

Sempre per accelerare gli investimenti, il Mef è al lavoro per approntare uno schema di garanzie statali a favore delle aziende. Giorgetti si è anche detto favorevole all’idea di rivedere il Pnrr alla luce di «un’analisi» «sulla realizzabilità complessiva degli interventi». Una posizione, la sua, condivisa all’interno dell’esecutivo. Da mesi, il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, si sgola per spiegare le difficoltà di portare a casa, nei termini, tutti gli interventi previsti. Mentre in parallelo il titolare degli Affari europei, Raffaele Fitto, ha avviato un’interlocuzione con Bruxelles, che dovrà concludersi entro il 30 aprile, per modificare Il Piano.

Sul punto un’apertura è arrivata ieri dal Commissario Ue, Paolo Gentiloni, anche lui a Cernobbio: le proposte del governo, ha detto, saranno valutate «con il massimo di collaborazione e di flessibilità». «Siamo consapevoli delle difficoltà di assorbimento di masse di risorse economiche così ingenti» ha aggiunto l’ex premier. «Era evidente che c’era un problema e bisognava intervenire subito» ha dichiarato il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, aggiungendo che occorre «scegliere quei progetti che sono essenziali per il Paese» e non sprecare le risorse in «una marea di interventi».

Anche perché il convoglio del Pnrr procede a rilento. A certificare lo stallo è uno studio condotto dall’Osservatorio Pnrr di The European House - Ambrosetti, che riprende i contenuti della relazione che la Corte dei Conti ha presentato in parlamento la settimana scorsa. I risultati sono sconfortanti: in tre anni, solo il 6% dei finanziamenti è stato speso, con appena l’1% dei progetti (2.037 su 171.610) completati. Nella Missione 6, relativa alla “Salute”, sono stati erogati appena 79 milioni di euro su 15,6 miliardi. Nella Missione 5 (Inclusione e coesione) si arriva a 239 milioni (l’1,2% dei 19,8 miliardi stanziati), mentre il capitolo “Istruzione e ricerca” tocca a fatica il 4,1%.

 

L’unico programma che non sfigura è il numero 3, “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”, che raggiunge un livello di attuazione pari al 16,4% (4,2 miliardi su 25,4), grazie all’efficienza di Ferrovie dello Stato. I ritardi accumulati finora sono talmente pesanti da aver costretto il governo a spalmare i 20 miliardi di euro non utilizzati nel triennio 2020-2022 (-49,7% rispetto alle stime iniziali) sui prossimi anni. Per rimediare, la nuova programmazione prevede un picco di spesa tra il 2024 e il 2025 (46-48 miliardi di euro), mentre quest’anno l’asticella è stata alzata di 5 miliardi a quota 40,9 miliardi.

A marzo, per il periodo 2020-2022 il contatore della Ragioneria dello Stato segnava esborsi per 20,44 miliardi, il 12% delle risorse complessive (191,5 miliardi) messe a disposizione fino al 2026. Miliardi che, però, sono stati usati in gran parte per finanziare quelle che la Corte dei Conti chiama misure «automatiche». Ovvero incentivi fiscali già previsti in programmi precedenti, come i crediti di imposta 4.0 e i bonus edilizi (tra cui il Superbonus 110), e infilati poi nel Pnrr. Depurando i dati da questi esborsi, i miliardi spesi nel triennio scendono a 10 su un totale di 168,4: appena il 6%. Nel frattempo, deve essere ancora chiusa la partita per la terza rata da 19 miliardi, relativa al secondo semestre del 2022. Nonostante il governo abbia conseguito tutti i 55 obiettivi entro dicembre, la Commissione si è presa un mese in più di tempo per staccare l’assegno. A intervenire sul tema è stato sempre Gentiloni. I target, ha rassicurato, sono stati «già raggiunti», mentre «l'approvazione finale» di Bruxelles per lo sblocco dei fondi arriverà «nel giro di pochissime settimane». 

 

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