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Achille Occhetto? Il pentimento tardivo per le monetine a Bettino Craxi

Iuri Maria Prado
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Nell’anniversario del tentato linciaggio di Bettino Craxi, non riuscito solo perché la polizia teneva a freno la plebe di destra e di sinistra che assediava la dimora alberghiera del leader socialista, l’ex capo comunista Achille Occhetto, intervistato dal Corriere della Sera, così ha commentato quella vergogna di trent’anni fa: «Fu un esempio di barbarie innescata dal furore giustizialista: quella notte, senza dubbio, fu aperta la via per il populismo».

 

 

Notevole ed encomiabile resipiscenza, perché diciamo che allora né Occhetto né il suo partito mostravano di dolersi poi troppo della pioggia di monetine sulla capa di Craxi, degli strilli di quella canaglia che gli urlava di tutto, dei giornalisti infoiati che registravano la bella scena gridando «Eccolo! Eccolo!». Semmai i ranghi post-comunisti se ne compiacevano, perché Craxi era (testuale) «un furfante» finalmente preso in castagna nell’Italia delle Mani Pulite.

 

 

Quanto alla “via per il populismo”, ebbene essa era già ben aperta, per esempio proprio dal Pci del compagno Enrico Berlinguer che qualche anno prima aveva cominciato a usare esattamente quella dicitura (Mani Pulite) ad auto-certificazione moraleggiante della differenza comunista. Ed era una via, quella del populismo finito embedded in Procura, che i post-comunisti imboccavano in solerte unanimità e festosamente, partecipando ai girotondi della “società civile” che chiedeva ai pubblici ministeri di far sognare il popolo onesto e assoldando via via nei propri ranghi le meglio rappresentanze delle magistrature combattenti. Quel clima infame non è stato denunciato in modo efficace e anzi in nessun modo dal circolo progressista, il quale semmai ha contribuito a crearlo o si è limitato - ma proprio quando andava bene - ad avvantaggiarsene. La politica delle mani pulite e della coscienza sporca.

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