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Boschi, messaggio a Meloni: "Elezione diretta del premier? La cosa più saggia"

Maria Elena Boschi

Elisa Calessi
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Onorevole Maria Elena Boschi, il governo fa sul serio sulle riforme o, come sostengono Pd e M5S, è un diversivo per nascondere altre difficoltà?
«Credo e spero faccia sul serio. È vero che un Governo che si impantana per mesi sull’ad della Rai o a discutere inutilmente di Rave party e Pos sembra un governo in difficoltà».

Voi avete detto di essere disponibili al dialogo. Intanto: con quale strumento? Una bicamerale o le ordinarie commissioni parlamentari?
«Siamo indifferenti allo strumento, ci interessa il risultato. Sapendo che il percorso è difficile comunque.
Ci sono state numerose commissioni finite nel nulla e referendum che hanno bocciato riforme approvate dal Parlamento come quella di Calderoli o quella del 2016 che portava il mio nome. L’importante è fare le riforme perché servono all’Italia, non a una parte».

La vostra disponibilità è solo sulle riforme costituzionali o potrebbe allargarsi ad altre materie?
«Noi siamo disponibili sulle riforme costituzionali perché siamo persone serie e non faremo alla destra quello che la destra ha fatto a noi nel 2016: su quasi tutte le modifiche erano d’accordo ma decisero di votare contro solo per mandare a casa Renzi.
Noi non vogliamo usare le riforme per fare la guerra alla Premier. Direi che questo è già un segno di grandissima responsabilità. Sul resto rimaniamo all’opposizione.
Certo, se la Meloni riduce le tasse votiamo a favore. Ma deve essere un taglio delle tasse serio, non il taglietto di questi giorni. Anche qui: Renzi diede gli 80€ strutturali a dieci milioni di persone e Meloni disse che era una mancia.
Oggi lei dà in media 40€ a meno persone e per soli sei mesi: usando le sue parole potremmo dire che non ha lasciato nemmeno la mancia».

Il centrodestra punta al presidenzialismo, voi al premierato. Può esserci un punto di incontro e quale?
«Penso che sia più saggia l’elezione diretta del premier, il modello del sindaco d’Italia. Penso che la destra arriverà a proporci questo».

Quali poteri dovrebbe avere, per voi, il premier?
«Intanto nominare e rimuovere i ministri. Essere il vero capo del governo e non un primus inter pares».

Molti sostengono che, in un Paese diviso come il nostro, un presidente eletto dal popolo ma anche un premier troppo forte sono un rischio per la democrazia. Serve un “pater familias”, dice Pier Ferdinando Casini, non un uomo di parte. È d’accordo?
«No, non sono d’accordo.
L’Italia ha bisogno di essere governata, non coccolata. Se vogliamo che la democrazia abbia un senso bisogna che chi vince le elezioni lo decidano i cittadini. Occorre avere un sistema di pesi e contrappesi, certo. La verità è che noi abbiamo una Costituzione figlia della Resistenza contro il fascismo e questo per me è bellissimo. Tuttavia la paura di un governo solido, ottanta anni dopo la notte del Gran Consiglio e la fine del governo del Duce, è vagamente anacronistica.
Non ho paura di un governo che decide, ma di un governo che rinvia, che perde tempo. Poi se il governo non funziona, alle elezioni successive si manda a casa».

Il Pd sostiene il cancellierato. Lei cosa ne pensa?
«Meglio di adesso ma non ancora sufficiente. Oggi il Pd dice no al sindaco d’Italia, ma D’Alema voleva il semipresidenzialismo alla francese. Spero che il Pd si confronti sulla realtà e non dica no a prescindere solo perché dall’altra parte del tavolo c’è la Meloni».

Se Partito democratico o M5S, che sono le principali forze di opposizione, non fossero disponibili, il centrodestra dovrebbe andare avanti lo stesso o farebbe bene a fermarsi?
«Se il progetto è serio fanno bene ad andare avanti. In questo Paese esiste il diritto di voto – che purtroppo ha premiato Meloni ma che va rispettato da tutti – ma non esiste il diritto di veto, nemmeno per Schlein o Conte. Il rischio vero per questo centrodestra sono i litigi interni, più che l’opposizione del Pd o grillina».

Le opposizioni devono accordarsi su una posizione comune, in tema di riforme, o non è necessario?
«No, non è una strada obbligata».

Lei è stata protagonista, durante il governo Renzi, della riforma costituzionale poi bocciata dagli elettori. Che consiglio si sente di dare a Meloni? Quale errore, ora, non rifarebbe?
«Tutti dicono che l’errore è stato la personalizzazione o i passaggi troppo complicati. Non ci ricordiamo quale clima vi fosse all’epoca. Se devo dire la scelta che ha fatto saltare il banco dico il Patto del Nazareno. FI diede la colpa a noi, noi a loro. Ma ormai sono passati anni e non ha senso rivangare quell’episodio. Anzi, faccio i miei e migliori auguri a Berlusconi».

Cosa ne pensa dei primi mesi di Elly Schlein segreteria del Pd?
«Sono politicamente distante da lei ma a differenza di chi l’attacca non ne parlo mai male perché rispetto la sua vittoria alle primarie. Bisogna imparare ad apprezzare le persone che cela fanno, anche se non hanno le tue idee. Nel merito Elly è stata molto brava sotto il profilo mediatico, ma non ha sciolto nessuna delle pesanti contraddizioni che si porta con sé. Lei ha vinto su una piattaforma radicale: se va avanti su questa linea, metà partito lascia come ha fatto il bravo Enrico Borghi. Se scende a compromessi tradisce i suoi elettori».

Italia Viva avrà mai una leadership femminile?
«L’ha già avuta. Bellanova presidente. Bonetti e la stessa Bellanova ministre donne, due su due. Lella Paita è capogruppo. Il nostro è l’unico partito che ha bisogno più di quote azzurre che di quote rosa». 

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