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Nicola Procaccini, "stanno già tremando": il giorno in cui la sinistra può crollare

Antonio Rapisarda
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Oggi ricorrono i 73 anni dalla Dichiarazione di Schuman: atto fondativo comunitario così importante da diventare ufficialmente “Festa dell’Europa”. Come vive questa prima celebrazione il governo guidato da Giorgia Meloni che si candida – fra un anno esatto – a recitare alle Europee un ruolo di capofila per la destra continentale? Lo abbiamo chiesto a Nicola Procaccini, eurodeputato di FdI e copresidente del gruppo Ecr.

Come celebrerete questo primo 9 maggio da destra di governo italiana?
«Per chi come Giorgia Meloni e me viene dalla destra giovanile l’Europa è stato un sogno, un’idea forte verso cui protendersi mentre altri vagheggiavano l’Unione sovietica. Oggi gli stessi che guardavano all’Urss auspicano un super-stato europeo e festeggiano un’Ue lontana da quella che a cui tendiamo noi conservatori. Il punto, insomma, è proprio questo: che Europa si immagina. Su questo si giocherà la partita fra un anno. Noi vogliamo riportarla all’idea originaria: un’unione di popoli che fa poche cose insieme ma le fa in maniera importante».

 


La frattura destra/sinistra oggi sta qui?
«Sì. Proprio per questo il governo italiano è diventato un simbolo che travalica i confini nazionali: in una parte d’Europa è visto come riferimento politico verso cui tendere; dall’altra parte viene visto come il nemico pubblico numero uno. Il motivo è chiaro: se crolla l’impianto di demonizzazione che i progressisti hanno creato intorno ai governi conservatori, viene giù tutto il sistema di potere che la sinistra ha impiantato a Bruxelles».

Proprio dalla terra di Schuman, la Francia, è giunto un clamoroso all’attacco all’Italia sull’immigrazione.
«Gli attacchi dal governo francese continueranno ad arrivare a cadenza regolare. Per due motivi. Il primo: lì hanno un grosso problema di politica interna. Se passa il principio per cui la Francia non deve temere un governo di destra perché non crolla la Nazione come non è crollata in Italia con Giorgia Meloni, anzi.... Secondo problema: se si sposta il baricentro verso destra al Parlamento europeo, il partito di Macron smetterà di essere “centrale” e decisivo come è adesso».

Che ci sia un timore concreto nell’establishment di un grande capovolgimento a Bruxelles lo dimostrano anche le parole di Iratxe Garcia Perez, capogruppo dei socialisti europei:  «Improbabile l’alleanza con un Ppe che guarda a destra»...
«Lo chiamerei terrore non timore! Torna anche qui la politica interna: Garcia Perez è attesa dalle elezioni nazionali in Spagna. Sa benissimo che l’unica speranza che ha il Pse di governare ancora è se Partito popolare e i nostri alleati di Vox non si mettono insieme: se vanno insieme vincono le elezioni e il Pse va a casa. L’unica speranza che ha la sinistra di vincere è se il centrodestra si divide. E quindi gioca continuamente sulla demonizzazione di una parte del centrodestra perché questo gli è funzionale a tenere il Ppe sotto scacco. Ma il Ppe ha smesso di essere la stampella della sinistra...»

A che punto è l’interlocuzione fra Conservatori e Popolari?
«L’interlocuzione si sta verificando sui fatti e sui temi: ogni volta che ci esprimiamo su temi come immigrazione, questioni Lgbt, transizione green, ci ritroviamo già a votare nella stessa maniera. Questa comunione si fa sulle cose. E talvolta anche una parte dei liberali di Renew si ritrova sulle nostre posizioni: ad esempio quando la transizione green diventa troppo radicale e schiacciata sulle posizioni dei verdi.

 

 

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