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Massimo D'Alema, Berlusconi? "Sui magistrati aveva qualche ragione"

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Anche gli avversari compiangono Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia era "un combattente. Un avversario, certo, ma un uomo capace anche di suscitare ammirazione e persino simpatia dal punto di vista umano". Lo descrive così Massimo D'Alema, che del Cav alleato non è mai stato. L'ex premier di centrosinistra parla di un uomo che "era riuscito a catalizzare il voto conservatore e a riempire il vuoto lasciato dalla caduta del Caf (Craxi, Andreotti, Forlani). Nel nome dell'anticomunismo ma anche presentandosi come 'il nuovo' contro la vecchia politica dei partiti. Una miscela geniale di tradizione e innovazione".

 

 

Il loro primo incontro risale al 1992, quando "ero capogruppo alla Camera del Pds e a Montecitorio si discuteva un provvedimento che gli stava molto a cuore. Gianni Letta mi disse che Berlusconi avrebbe voluto incontrarmi. Ci vediamo in un ufficio di Fininvest a Roma, c'era anche Confalonieri. E Berlusconi fu bravissimo: per tutta la durata dell'incontro non fece mai riferimento alla legge che gli interessava". Ma ciò che più stupisce dalle parole rilasciate al Corriere della Sera sono quelle sulla giustizia.

 

 

Il motivo? D'Alema arriva a dare ragione al Cavaliere. Sulla giustizia "credo che Berlusconi abbia sollevato un problema reale declinandolo nel modo sbagliato. E cioè interpretandolo come se ci fosse il complotto dei magistrati di sinistra contro di lui. In realtà quello che si era determinato nel nostro Paese era stato uno squilibrio nei rapporti tra poteri dello Stato, questa è la verità". Insomma, alla domanda se Berlusconi abbia avuto qualche ragione nel ritenersi perseguitato da alcuni giudici, D'Alema non attende a rispondere: "Probabilmente sì". E sul lutto nazionale sembra dissociarsi dalla discussione sollevata dalla sinistra: "È una decisione che corrisponde a un sentimento non di tutti, certo, ma di una parte importante degli italiani. Non credo che debba essere materia di polemiche". 

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