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Marina Berlusconi, "parola d'onore": lei la regina di Forza Italia?

Renato Farina
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La telefonata di Marina! C’è stata, evviva, siamo vivi. Che sospiro di liberazione ha sollevato i petti dei maggiorenti di Forza Italia ieri mattina quando l’ottimo coordinatore Antonio Tajani ha annunciato, con la consueta pacatezza e la rasserenante voce a bassa frequenza emotiva, che Berlusconi - che adesso si chiama Marina - ha chiamato e ha detto ok, ci sono, ci siamo, non lasceremo andare alla deriva la barca che papà ha progettato, messo in mare e guidato dentro le tempeste, trascinata poi con le sue forze rinascenti traverso il deserto dei serpenti a sonagli quando era finita in secca. Salvando l’Italia trent’anni fa, e poi rialzandone le vele piratesche negli infiniti decenni dei bombardamenti giudiziari. Tranquilli. Non sarà un vascello fantasma, guidato da capitani ammutinati, pronti a vendere la ciurma, e a girare i cannoni contro l’alleanza - o rassemblement, come lo chiamò Silvio nel 1994 - dopo che il patriarca di Arcore ha speso circa 99 vite per forgiarla e fissarla a chiodi, martellate, e pennette tricolori ma senza aglio. Del resto Arcore ha nel nome qualcosa di biblico: Arca dell’alleanza. Lo si sta capendo ogni ora di più. Berlusconi adesso si chiama Marina. Il Fattore M non scende in campo però a capitanare, sta sopra, sotto, dietro, dentro con i suoi quattro fratelli.

 

 

 

 

DUO FEMMINILE

È il mestiere dell’armatore. Ecco, c’è anche il Fattore F, come fratelli. Ci sono, in unità sinfonica, ciascuno con la sua nota, ma riconoscendo che chi compone l’armonia è e sarà Marina: ciascuno con le sue qualità e tigne, in Duomo si sono dislocati in ordinata fila. Per età e non per sesso, accettando la supremazia affettiva di colei che il padre ha tenuto nei momenti dell’agonia accanto a sé come sposa: Marta. Marina e gli altri figli hanno lasciato che il carisma del genitore durasse oltre la morte, consegnando il posto più vicino al corpo dell’amato, e al duro legno della bara, a lei. Fattore M come Marina anzitutto ma anche come Marta. Fattore F come Fratelli e come Fascina. Il cui ruolo si capirà meglio all’apertura del testamento la settimana prossima. Ma le promesse sono di armonia. Eppure, diciamolo, dopo re Silvio adesso lo scettro è della Regina, e la casata Berlusconi funziona come i Windsor, ed è e sarà Marina. Al diavolo gli inglesi, scommetto sarà una Regina alla maniera dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, amatissima in Lombardia per la sostanza del comando, lo sfrondamento burocratico, la capacità di delega, salvo prendere la decisione in solitudine: anzitutto il benessere del popolo. E Marina è fatta di questa pasta: saggezza, prudenza, consolidamento, modernità, così ha governato in questi 27 anni (oggi ne ha 57) Mondadori e l’intera holding familiare, e cioè Fininvest. Certo un conto è agire come gran visir del Sultano, coperta da un mantello di affetto e con la consapevolezza che, come capita alle guglie, sarebbe stato il padre Silvio ad attirare le folgori. Berlusconi senior ha agito da parafulmini proteggendo la casa e educando i figli alla pugna della competizione e a reagire a odio e invidia, intanto li proteggeva, apriva le ali di aquila sulla covata dei 5 figli. Marina adesso si ritrova ad essere la Berlusconi n. 1, va d’accordo con i fratelli, ma il nome Berlusconi - onore ed oneri - spetta anzitutto a lei.

 

 

 

 


Nei film americani si ripete spesso una scena che non è proprio uguale, ma le somiglia. Nel braccio della morte il condannato aspetta la telefonata salvifica del governatore o del presidente. La voce del destino per Forza Italia ha avuto il timbro femminile e deciso della primogenita. Ha garantito la legittimità dei dirigenti e delegato loro la scelta dei tempi per dare forma compiuta alla governance e alla traduzione in tattica e programmi dei contenuti di libertà, cattolicesimo, riformismo, laicità riformulati negli ultimi giorni da Berlusconi. Confido non sia trascurato, ma anzi messo in primo piano l’abbozzo di trattato di pace che sul letto di morte Berlusconi ha consegnato quale ultima volontà riguardo alla visione del vasto mondo. Toccherà a Marina e a Marta, affidandosi come già stanno facendo alla solidità di Gianni Letta, far sì che quei pensieri e quei fogli (ci sono?) non siano cremati insieme con il corpo mortale, perché valgono oro.

 

 

 

 

PAROLA D’ONORE

Marina ha garantito, per rispetto alle intenzioni del padre, che la famiglia sosterrà il peso dei debiti di partito, magari sarà bene dargli un’occhiata (90 milioni di fidejussione intestati a Silvio). Soprattutto ha consegnato l’eredità politica al momento più preziosa sul mercato elettorale: il nome sul simbolo. Berlusconi resterà scritto a caratteri maiuscoli. Questo lascito non è da concepirsi come la dedica a un genio defunto, nella speranza che gli elettori posino in futuro la scheda nell’urna come fossero fiori di devozione sulla tomba del carissimo estinto.

 

 

 

Non è una faccenda di convenienza ma di responsabilità. Una richiesta che Marina & Friends pongono a capi e capetti di essere all’altezza di quel cognome che secondo Carlo Gadda, il grande lombardo di monti e di laghi, veniva dalla Valsassina. O restano connessi all’ispirazione del fondatore, o chi ne porta dentro il dna spirituale e biologico userà la gomma per cancellare. Intanto però vince la fiducia – in attesa di Marta - verso Tajani: ha caratura internazionale indiscussa, i suoi legami con Giorgia Meloni e Matteo Salvini sono ben temperati. S’intende con chi oggi è il vero prolungamento romano e istituzionale dell’impero Forza Italia + Fininvest, cioè Gianni Letta. Potenza di quella telefonata, forza della parola, che vale come il sigillo della regina, senza del quale sarebbe assai complicato e gramo il destino della creatura politica di Silvio Berlusconi. Ma in qualche modo vale il reciproco. Certo questa famiglia ha il diritto di fare di sé stessa ciò che vuole. E così ciascuno dei suoi membri. Ma vedo male dei Berlusconi che consegnino ditta, sogni, partito ad entità aliene e vadano a godersi la vita sorbendo aperitivi ai Caraibi. «Gh’è un laurà de la Madona». 

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