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Sfiducia-Santanchè, altro suicidio Pd: come si fregano da soli

Tommaso Montesano
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Adesso c’è anche la data: la mozione di sfiducia del M5S nei confronti del ministro del Turismo, Daniela Santanchè, sarà discussa e votata dal Senato mercoledì 26 luglio, a partire dalle ore 10. Ad annunciarlo, dopo la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama, è stato Stefano Patuanelli, presidente dei senatori grillini. «Mi auguro che la mozione sia condivisa il più possibile», ha aggiunto l’ex ministro delle Politiche agricole del governo Draghi. Per ora c’è il sostegno di alleanza Verdi Sinistra e Pd, ma non del Terzo polo.
Francesco Boccia, capogruppo Pd, ha confermato che i dem saranno della partita: «Come ha detto il segretario Schlein, voteremo la mozione». E pazienza se lo stesso Boccia, il giorno in cui la ministra rese l’informativa a Palazzo Madama - il 5 luglio - prese le distanze dall’iniziativa dei colleghi del M5S: «Se si fa una mozione per farsela respingere, è un esercizio parlamentare che non ci appassiona. Se, invece, si fa per guadagnare una giornata politica sui giornali, non è una grande strategia».
Poi, su pressione di Schlein e in nome dell’asse con i grillini, il dietrofront.

 


Il risultato non cambia: numeri alla mano, a Palazzo Madama non c’è spazio per un simile ribaltone. A meno che i partiti della maggioranza improvvisamente non si rimangino quanto sostenuto fin qui, ovvero il sostegno al ministro del Turismo. Del resto chiunque frequenti i palazzi della politica sa bene che mosse di questo tipo, come le mozioni di sfiducia individuali, da sempre producono un solo effetto: quello di ricompattare le forze governative, che certo non offrono su un piatto d’argento la testa di un loro ministro all’opposizione.
Lo dicono anche le statistiche: è vero che dal 2001 a oggi si sono dimessi 32 ministri, ma nessuno ha mai lasciato l’esecutivo a causa del voto su una mozione di sfiducia. Nella scorsa legislatura, ad esempio, hanno schivato l’insidia Danilo Toninelli (2019); due volte Alfonso Bonafede (2020) e ben tre volte Roberto Speranza (2021).

 


BANDIERINA GRILLINA Tutto lascia pensare che lo stesso accadrà con Santanchè. «Al solito, queste mozioni rafforzano chi le subisce», è il commento di un parlamentare di maggioranza, «quando invece il tema è politico, con il ministro che traballa dal punto di vista giudiziario». Ora si tratterà di vedere cosa succederà, su quel fronte, da qui alla prossima settimana. «Io vado avanti, non capisco da cosa mi dovrei difendere: a oggi (ieri, ndr) non ha ricevuto alcun avviso di garanzia», ha detto al quotidiano La Verità la titolare del Turismo. Cosa accadrebbe, in vista del voto, se il quadro cambiasse? Di certo in procura di Milano risultano aperti fascicoli in relazione alle aziende riconducibili a Santanchè (Ki group e Visibilia). Ma è fantapolitica ipotizzare che la maggioranza, anche qualora il quadro giudiziario precipitasse, si possa unire alle opposizioni nel voto sulla mozione di sfiducia. In presenza di un rinvio a giudizio, sarebbe probabilmente lo stesso ministro del Turismo a fare un passo indietro, d’intesa con il premier Giorgia Meloni, che comunque le ha rinnovato la fiducia. Da notare, tuttavia, che ieri alla notizia dell’ufficializzazione della data del voto sulla mozione, nessun esponente del centrodestra si è affrettato a dare solidarietà alla titolare del Turismo. Una conferma del nodo politico, al di là degli sviluppi giudiziari della vicenda, che investe i partiti della maggioranza.

 


Fatto sta che al momento la mozione resta una bandierina piantata dal M5S - regista Giuseppe Conte, tra i più assidui nel chiedere una rapida «calendarizzazione della sfiducia» nell’ottica di una competizione con il Pd tutta interna al centrosinistra. «Ci deve essere un limite anche all’indecenza: chi ha mentito davanti al Parlamento non può fare il ministro. Punto», ha tuonato Emma Pavanelli, capogruppo grillina in commissione Attività produttive. Al Pd, per evitare lo smacco di farsi superare dai grillini, non è rimasto che accodarsi, se possibile alzando ancora di più i toni. «Chiediamo a Santanchè di fare un passo indietro per tutelare il prestigio e il lavoro dell’istituzione che presiede», ha detto Chiara Gribaudo, vicepresidente dem. E il deputato Emiliano Fossi ha aggiunto: «La ministra Santanchè rappresenta perfettamente questa destra incapace e arrogante».

 

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