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Pasquale Tridico accusa il governo sul reddito? Voci sulla candidatura

Pasquale Tridico

Michele Zaccardi
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Protocolli con altre amministrazioni dello Stato per garantire l’accesso alle banche dati firmati a distanza di due o tre anni dall’entrata in vigore del sussidio. Via libera del Garante della privacy alla verifica dei requisiti a novembre 2020. La convenzione con il ministero della Giustizia per evitare di erogare soldi ai carcerati siglata solo a giugno 2022. Non era solo difficile eseguire i controlli preventivi sui percettori del reddito di cittadinanza: era impossibile. L’annuncio da parte di Fratelli d’Italia di una Commissione di inchiesta su Pasquale Tridico ha riacceso il dibattito sulle responsabilità dell’ex presidente dell’Inps, accusato dal centrodestra di aver chiuso un occhio sulla distribuzione della mancetta grillina per ingraziarsi i suoi referenti politici, ovvero gli esponenti del Movimento 5 Stelle che su quella poltrona lo hanno installato nel marzo 2019 e che ora lo vorrebbero candidare alle prossime elezioni europee. Responsabilità che andranno accertate. Di certo, per ora, oltre ai piagnistei di Tridico contro il governo, c’è l’impressione di una lentezza estenuante nel rendere operativi i paletti che avrebbero dovuto contrastare frodi e truffe.

LA FINANZIARIA
Tant’è che, con la legge di Bilancio del 2022, il governo Draghi intervenne in modo pesante per stringere le maglie della misura. Così, si è dovuto aspettare fino a gennaio dell’anno scorso perché all’Inps venisse affidato il controllo preventivo su alcuni dei requisiti basilari del reddito: i dati anagrafici e di residenza. Prima della modifica, la verifica era di esclusiva competenza dei comuni che, ex post, dovevano segnalare eventuali irregolarità all’ente di previdenza. Da gennaio 2022, il controllo spetta all’Inps, a priori e «a tappeto» su tutte le domande presentate. Bisognerà aspettare però l’1 aprile 2022 perché tutti i 7.903 comuni aderiscano all’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr): fino ad allora non sarà possibile nemmeno verificare, in modo automatico, il requisito della residenza.

Ma la lista delle assurdità nell’attuazione del reddito di cittadinanza è lunga. La più incredibile riguarda l’intesa tra Inps e Ministero della Giustizia per revocare o evitare di concedere il sussidio a chi ha subito una condanna definitiva nei dieci anni precedenti, circostanza ostativa al beneficio. Ebbene, il protocollo «per lo scambio delle informazioni utili» tra i due enti è operativo soltanto dal’1 giugno 2022. In sostanza, prima di quella data non era possibile controllare il casellario giudiziario dei richiedenti. E non si tratta certo di reati da nulla, visto che nella lista rientrano pure la criminalità organizzata e il terrorismo.

Tuttavia, siccome evidentemente i controlli non erano abbastanza stringenti, l’Inps ci ha tenuto, il 24 gennaio di quest’anno, a far sapere con un comunicato di aver aumentato «l’efficienza dei controlli sui richiedenti e percettori del reddito di cittadinanza attraverso lo scambio di informazioni con il Ministero della Giustizia». Il 20 gennaio viene infatti siglato il Protocollo operativo tra l’Inps e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per consentire «la verifica mensile e automatica, operata con sistemi di interoperabilità e modalità strutturata di scambio dati, dell’eventuale stato detentivo dei richiedenti il reddito di cittadinanza, prima dell’erogazione del beneficio».

Inoltre, si legge nel comunicato, «l’attuazione del protocollo consentirà ad Inps di disporre, in automatico, la revoca e il recupero della prestazione indebita in caso di omessa dichiarazione». E questo, sia chiaro, soltanto a partire dal 20 gennaio 2023, a distanza di tre anni e dieci mesi dall’introduzione del Reddito di cittadinanza (aprile 2019). Non a caso sono tantissimi i casi di pregiudicati che sono riusciti a ottenere il sussidio. L’ultimo episodio risale allo scorso marzo, quando i carabinieri hanno denunciato a Catania 267 furbetti per una frode da 1,3 milioni di euro, tra cui anche, appunto, diversi pregiudicati.

GARANTE PRIVACY
Piuttosto singolare, poi, che l’ok del Garante della Privacy ai controlli incrociati sui beneficiari del Reddito sia arrivato solo il 26 novembre 2020. Insomma, per oltre un anno e mezzo è stato impedito di fare verifiche approfondite. Ma c’è dell’altro. Siccome, fin dall’inizio, il Reddito non poteva andare a chi avesse comprato un’auto nei sei mesi precedenti alla richiesta o a chi fosse in possesso di un veicolo con cilindrata superiore a 1.600 cc (250 cc per le moto), l’Inps, per controllare, avrebbe dovuto avere accesso agli archivi del Pubblico Registro Automobilistico. Anche questa condizione, però, è rimasta sulla carta per oltre un anno e mezzo: la convenzione tra l’Aci e l’ente di previdenza è stata infatti siglata soltanto il 21 dicembre 2020. Insomma, i controlli erano pressoché assenti. E il dubbio che le frodi, tra i 20 miliardi di euro erogati a 4,65 milioni di persone nei soli primi tre anni di vita della misura, siano superiori all’1% dichiarato da Trdidico si fa concreto. 

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