Giuliano Amato "in procura": Ustica, si muovono i giudici
Avrà anche parlato per soddisfare il suo «bisogno di verità», Giuliano Amato, ma le sue dichiarazioni sulla strage di Ustica potrebbero portarlo davanti ai magistrati della procura di Roma, titolari di un’inchiesta bis sulla tragedia del 27 giugno 1980. All’inizio della prossima settimana, infatti, a piazzale Clodio ci sarà un vertice tra il capo della procura, Francesco Lo Voi, e i sostituti Michele Prestipino ed Erminio Amelio per fare il punto della situazione e decidere se e come convocare l’ex presidente del Consiglio in qualità di persona informata sui fatti. I magistrati erano orientati a procedere verso l’archiviazione, ora le “rivelazioni” di Amato potrebbero spingerli a un supplemento di indagini, direzione Francia. Amato resta al centro dell’attenzione.
Non sono bastate le precisazioni dell’ex presidente della Corte costituzionale alla Stampa estera per diradare il polverone sollevato dalle sue parole sulle presunte responsabilità francesi nell’inabissamento del Dc-9 Itavia. Ieri il caso è approdato a Palazzo Madama per iniziativa di Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato. La sala “Caduti di Nassirya”, infatti, ha ospitato una conferenza stampa dell’associazione per la verità sul disastro aereo di Ustica (Avdau), che non si riconosce, come ha ricordato il presidente onorario Giuliana Cavazza, nell’associazione dei familiari delle vittime guidata da Daria Bonfietti, già parlamentare di sinistra. Cavazza, che nella strage del 1980 ha perso la madre, ha speso parole durissime per Amato, autore di «gravissime affermazioni, lontane dal rispetto della memoria», a proposito dei fatti di 43 anni fa. «Le sue accuse sono già state smentite trent’anni fa. La verità va servita, non asseverata alle proprie idee».
«TESI FANTASIOSE»
E le «idee» di Amato sono quelle della battaglia aerea sul Tirreno, con la presunta responsabilità francese nell’abbattimento del Dc-9 e la complicità dell’Aeronautica italiana. «Tesi fantasiose» secondo i partecipanti alla conferenza stampa, alla quale erano presenti, oltre allo stesso Gasparri, anche Leonardo Tricarico, ex capo stato maggiore dell’Aeronautica, e Carlo Giovanardi. Proprio l’ex ministro ha attaccato frontalmente Amato: «Ha detto menzogne. I generali sono stati assolti. Se ci sono gli estremi per parlare di diffamazione, allora è nostro dovere tutelarli anche attraverso strumenti giudiziari». In collegamento da remoto Gergory Alegi, vicepresidente dell’Avdu e componente del comitato consultivo istituito da Palazzo Chigi sui documenti di intelligence, ha spesso usato l’arma dell’ironia per confutare la ricostruzione di Amato: «Mancano solo gli ufo. Anzi, no...». Per lo storico «la battaglia aerea non c’è mai stata, sul relitto non ci sono tracce di impatto del missile». Del resto, ha ricordato, oltre due milioni di pagine di istruttoria del giudice Rosario Priore e 4mila testimoni non hanno partorito neanche una condanna: «Il resto è fantasia. Ci rifiutiamo di inginocchiarci davanti al film Il muro di gomma». «Qualcuno ha fatto fortuna, lo dico con rispetto, sui muridi gomma, ma erano muri di cartone», ha chiosato Gasparri, che ha ricordato gli «errori imbarazzanti» commessi da Amato a proposito della «soffiata» a favore di Gheddafi (avvenuta non nel 1980, ma nel 1986). L’ex premier ieri è stato contestato anche da Luisa Davanzali, figlia di Aldo, ex patron di Itavia: «Avrebbe potuto parlare prima».
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QUANTE “VERITÀ”
Ogni giorno che passa alla rilettura della strage si aggiunge un nuovo capitolo. Ieri su Repubblica, che per giorni grazie alle parole di Amato ha avvalorato la tesi del missile francese, il consulente Carlo Casarosa, componente del collegio dei periti incaricato di ricostruire e analizzare il relitto del Dc-9, ha ricordato quale sia stata, sulla base di quei 4.200 pezzi di lamiera, plastica e gomma recuperati in fondo al mare, la causa più probabile del disastro: «Né una bomba né un missile, perché il relitto non mostra tracce compatibili con questa ipotesi». Per il docente di meccanica del volo «l’aereo si è disintegrato in volo perché superò quello che in gergo si chiama “fattore di carico massimo”, innescato dal distacco dell’estremità dell’ala sinistra». Già, ma come? Dopo «essere entrato in una scia vorticosa lasciata da un aeroplano che lo precedeva». Un Mig libico, per Casarosa, a sua volta in fuga dall’attacco di due «intercettori statunitensi decollati dalla portaerei Saratoga». Insomma, non più i francesi, ma gli americani, e non più un missile, ma una quasi collisione. Almeno fino alla prossima versione.
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