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Napolitano, la metamorfosi: ha sostituito il comunismo con l'Europa

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Una metamorfosi, nel nome della stabilità. La vita di Giorgio Napolitano, il presidente emerito della Repubblica scomparso venerdì sera a 98 anni, è sempre stata scandita dalla continua ricerca di equilibrio, tra mille contraddizioni. Le stesse per esempio del Partito comunista italiano di cui fin dal secondo Dopoguerra è stato un esponente di spicco e, insieme, un po' defilato. Sempre un passo indietro rispetto a Togliatti, poi a Berlinguer.

Un po' troppo "a destra", socialdemocratico, per prenderne il controllo. Anche per questo, con il crollo dell'Unione sovietica, proprio Napolitano diventa il più "spendibile" a livello istituzionale nella galassia post-comunista. L'artistocatico rosso, scrive Corrado Ocone su Libero, arriva così fino al Quirinale. Inizialmente sembrava un semplice "notaio", in virtù della "sua figura altera e riservata".

 

 

 

Il primo banco di prova per il suo equilibrio, il ritorno al voto anticipato deciso dopo la crisi del secondo governo Prodi. Tra 2010 e 2011, però, in concomitanza con Silvio Berlusconi premier per l'ultima volta, inizia la fase "interventista" del Capo dello Stato, che entra spesso in conflitto con il centrodestra fino al famoso "euro-golpetto" che portò alla sostituzione del Cav con Mario Monti, per la gioia delle cancellerie internazionali in guerra con il leader azzurro. Napolitano acconsentì, forse, anche perché aveva "in sostanza sostituito alla vecchia fede nella 'città futura' comunista la nuova nell'Europa come antitesi alle nazioni esistenti, tutte compromesse in una storia che si voleva archiviare. A prescindere".


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