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Paolo Gentiloni, quel "sogno proibito" nel Pd: lui il nuovo Prodi?

Elisa Calessi
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Hanno parlato di Ita, delle difficoltà legate al Pnrr, della partita sulla riforma del Patto di Stabilità, della sessione di bilancio che sta per iniziare e che, per il governo italiano, sarà molto impegnativa, delle tensioni sul dossier migranti. L’incontro dell’altro giorno, tra Paolo Gentiloni e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stato un colloquio di prassi – periodicamente il commissario europeo si vede con Mattarella-, ma anche cruciale più che altro per il momento complicato in cui si trova il governo e per l’incrocio dell’agenda italiana con i tanti dossier europei, molti dei quali seguiti direttamente dal commissario agli Affari economici. 

Nessun asse contro Meloni, assicura chi ha parlato con Gentiloni e confermano dal Quirinale, semmai il contrario: capire come, pur nel rispetto di ruoli diversi, aiutare il governo in questo passaggio difficile. Del resto, è la stessa preoccupazione di Mattarella: vigilare, aiutare perché la concatenazione di dossier complicati non crei una tempesta perfetta. Favorire, insomma, un dialogo Roma-Bruxelles, creare una “dorsale governo-Europa” che aiuti a risolvere i tanti dossier caldi che impegnano l’esecutivo e che incrociano l’Unione europea. Dalla riforma del Patto di Stabilità alla legge di bilancio, dalla crisi dei migranti al pagamento delle rate in scadenza del Pnrr.

Per il resto, Gentiloni, venerdì, ha incontrato a pranzo l’ambasciatore spagnolo, nell’ambito della presidenza spagnola del Consiglio europeo, e tutti gli ambasciatori dell’Unione europea. Anche in questo caso, il menù politico è stato simile a quello sul tavolo del Quirinale: si è parlato del futuro patto di stabilità, della guerra in Ucraina e della risposta europea alla crisi migratoria (risposta per ora inesistente).

Piuttosto, il nome di Gentiloni ritorna insistente nelle conversazioni dei dem. Del suo futuro, l’interessato non vuole in alcun modo parlare. A chi gli chiede, risponde ogni volta che fino alle fine del 2024 è impegnato a fare quello che sta facendo (i commissari, infatti, resteranno in carica anche dopo le europee e per parecchi mesi, fino a quando si insedierà la nuova commissione).

Eppure sono in tanti, nel Pd, a guardare sempre di più al commissario per gli Affari economici come al jolly che potrebbe costruire quell’alternativa al centrodestra che oggistenta a formarsi.

 

IL FEDERATOR
Il sogno di tanti non è che Gentiloni prenda in mano il Pd, magari dopo una batosta elettorale (come fece Enrico Letta con Nicola Zingaretti per intendersi). A lui si guarda, piuttosto, come a un nuovo Prodi. Un Prodi 2.0, ecco. Sarebbe perfetto, dicono in tanti, come candidato del centrosinistra alle prossime elezioni, come federatore di quel campo largo che, dopo la fiammata del salario minimo, è tornato a evaporare. E sarebbe perfetto, si dice, per varie ragioni.

Primo, ha (come Prodi) un standing internazionale che lo rende autorevole, credibile, e perciò competitivo per Palazzo Chigi. Soprattutto se le difficoltà economiche aumenteranno, la sua esperienza a Bruxelles proprio su questa materia potrebbe rivelarsi un’arma di consenso potente. Secondo, è uno dei pochissimi big del centrosinistra che, un po’ per carattere, un po’ per stile politico e umano, ha mantenuto buoni rapporti con tutti. Sia con i big delle varie anime del Pd, sia chi se ne è andato o non è del Pd. Parla, per esempio con Matteo Renzi, ma anche con Carlo Calenda, con Elly Schlein, come con Pierluigi Bersani. E perfino con Giuseppe Conte. 

Un elemento che lo aiuterebbe a fare da collante di una coalizione ai nastri di partenza molto eterogenea e molto litigiosa. Terzo, sarebbe una scelta che gli altri leader farebbero fatica a rifiutare, in quanto “alta” e in qualche modo fuori dai giochi italiani. Mentre il leader di uno dei partiti del “campo largo” difficilmente verrebbe accettato come candidato premier dagli altri. Su chiunque, finirebbe per esserci il veto di qualcuno. A meno che non si facessero le primarie. Ma difficilmente il M5S accetterebbe. Chi lo conosce bolla tutte queste «speculazioni» come «totalmente inesistenti». Scenari “prematuri”, dicono altri. Elly Schlein, aggiunge chi lo sente, non deve temere perché Gentiloni certo non è interessato a fare il segretario del Pd (anche se in tanti lo vorrebbero). La sua partita in Italia, semmai e se ci saranno le condizioni, potrebbe essere un’altra. Ma se ne riparlerà più avanti.

 

 

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