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Iolanda Apostolico, toga e Rifondazione: chi è il giudice che libera i migranti

Paolo Ferrari
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«Schiva, equilibrata, non ha mai espresso posizioni che abbiano condizionato il suo lavoro in un tribunale particolarmente garantista sui diritti umani», ha scritto ieri Repubblica a proposito di Iolanda Apostolico, la giudice della sezione protezione internazionale del tribunale di Catania che la scorsa settimana non ha convalidato il trattenimento dei migranti nel centro richiedenti asilo di Pozzallo. Una decisione che rischia di mettere seriamente in discussione, stando ai rilievi della giudice, i recenti provvedimenti del governo sul contrasto all’immigrazione clandestina e lo stesso decreto Cutro. 

Il quotidiano del Gruppo Gedi, che ovviamente non ha nascosto la propria soddisfazione per l’accaduto, ha anche pubblicato una foto in bianco e nero della magistrata, fino a ieri mattina visibile sul suo profilo Fb. «Di certo non è una toga rossa desiderosa di riaccendere lo scontro tra magistratura e politica», prosegue l’articolo di Repubblica, facendo finta di ignorare che l’ordinanza della giudice, arrivata appena cinque giorni dopo l’inaugurazione della struttura a Pozzallo, una parte della quale – circa ottanta posti – destinata proprio ad ospitare le persone sottoposte alla procedura di frontiera accelerata, è una bomba lanciata sotto la sedia di Giorgia Meloni che si sta giocando molto della sua credibilità sul tema dei migranti.

 

 

 

CAMPAGNE ELETTORALI
Tornando invece alla magistrata, in servizio a Catania dal 2001, prima che il suo profilo Fb fosse oscurato ieri pomeriggio, vi si potevano leggere post molto lontani dallo stile “low profile” citato da Repubblica. Vi erano, infatti, condivisioni delle campagne elettorali di Potere al popolo, post contro politici del centrodestra, ed altri a favore di esponenti del Pd come l’allora senatore e sindaco dem della Capitale Ignazio Marino. La magistrata, sempre secondo Repubblica, non è iscritta ad alcuna corrente. Una fonte, però, ha riferito che in passato sarebbe stata vicina a Magistratura democratica, la corrente più politicizzata in assoluto e da sempre costola del Pci-Pds-Ds-Pd.

Apostolico, poi, sarebbe anche legata a un funzionario del ministero della Giustizia che in passato è stato dirigente di Rifondazione comunista e che, fra l’altro, aveva espresso tutta la sua soddisfazione in una nota di partito quando venne nominato Giovanni Salvi, uno dei capi di Md, procuratore di Catania. Ovviamente siamo in democrazia e ci mancherebbe che qualcuno sindacasse le idee della magistrata e del suo compagno. Il tema su cui riflettere riguarda allora la composizione di queste sezioni che si occupano di protezione internazionale. Per una strana circostanza, la maggior parte di questi uffici sono diretti da magistrati di sinistra.

CORRENTE DI SINISTRA
Sicuramente una coincidenza, ma è molto curioso che Magistratura democratica e le altre correnti della sinistra giudiziaria, che non fanno mistero di essere a favore dell’immigrazionismo più spinto, abbiamo monopolizzato tali sezioni specializzate. Il caso più eclatante è la sezione protezione internazionale del tribunale di Roma dove quasi tutti i giudici presenti sono vicini alla sinistra giudiziaria, anche con elementi di primo piano dell’associazionismo togato progressista a livello nazionale. Questa concentrazione di toghe rosse rischia dunque di spalancare le porte ad interpretazioni orientate verso una asserita tutela dei diritti senza se e senza ma degli immigrati con provvedimenti “pilota” che puntualmente balzano alle cronache proprio perché azzerano le norme del governo. Si tratta di sentenze sempre a favore del richiedente asilo che puntualmente l’Avvocatura dello Stato impugna per non vanificare l’operato delle Forze di polizia impegnate nel contrasto all’immigrazione clandestina. Il magistrato, recita la Costituzione, deve essere (ed apparire) terzo ed imparziale: destinare da parte del Consiglio superiore della magistratura toghe che contestano apertamente la politica del governo sull’immigrazione non può dunque non suscitare perplessità. 

 

 

 

 

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