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Elly Schlein, ossessione-fascismo? Che autogol: come "cancella" Eugenio Scalfari

Tommaso Montesano
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Le proposte di legge del Pd per opporsi «a ogni tentativo di riscrittura della storia», come da annuncio della segretaria Elly Schlein, sono due. La prima, per dirla con le parole di Sandro Ruotolo, responsabile informazione e cultura dem, «riattualizza la legge Scelba e Mancino». Nel senso che inserisce nell’articolo 604 bis del codice penale - che punisce con la reclusione «fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6mila euro» chi propaganda idee «fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico» - anche chi esalta i metodi eversivi dell’ordinamento democratico propri dell’ideologia fascista o nazifascista. La seconda, invece, vieta «l’intitolazione di strade, piazze e altri luoghi o edifici pubblici la cui denominazione è di competenza della pubblica amministrazione, a esponenti del partito o dell’ideologia fascista».

Nel 2023 il baricentro politico del Pd resta l’antifascismo. I due testi, depositati sia alla Camera che al Senato, sono stati scritti in collaborazione con l’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani, ieri presente a Montecitorio con il suo presidente, Gianfranco Pagliarulo. La presentazione delle due proposte di legge coincide, sottolinea Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria del Pd, con il «secondo anniversario dell’assalto alla sede della Cgil. Significativo». Come dire: bisogna stroncare sul nascere ogni tentativo di insurrezione. Che pare imminente, ad ascoltare le dichirazioni dello stato maggiore del partito. «C’è una torsione oscurantista e repressiva? La risposta è sì. Le forze democratiche devono mobilitarsi», dice Pagliarulo. La vera ossessione del Pd è la toponomastica. Con l’approvazione della legge sul giro di vite sulle vie, avverte Andrea De Maria, il primo firmatario delle due proposte, «non ci potrebbe essere alcuna intitolazione di piazze a Giorgio Almirante. Il fascismo non è un’opinione, ma un crimine».

 


Da qui l’affondo contro la scelta, definita «indecente», di intitolare «vie e piazze a gerarchi o esponenti del fascismo. Oggi non c’è un provvedimento che impedisca di farlo». Peccato, come nota Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera (di Fratelli d’Italia), che in caso di cancellazione della toponomastica «riferita a gerarchi o a esponenti del fascismo dovremmo dare molti dispiaceri agli estensori delle proposte del partito di Schlein: gran parte degli esponenti della prima Repubblica politici, giornalisti e intellettuali - sono stati gerarchi ed esponenti del fascismo. O forse si vuole far passare il principio che se si era fascisti ci si riabilita solo se si va militare nelle file della sinistra?».

I RISCHI DELLO ZELO
In questo contesto sarebbe interessante conoscere l’opinione degli estensori dei due testi parlamentari rispetto all’ipotesi di celebrare con una strada Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica che fece il suo esordio giornalistico con “Roma fascista”, l’organo dei Gruppi universitari fascisti (Guf) di cui diventerà caporedattore. Il pensiero corre subito a Dario Fo, che nel 1943 si arruolò volontario nell’esercito fascista repubblicano. Oggi al drammaturgo, regista e scrittore poi diventato icona della sinistra sono intitolate, ad esempio, strade a Fano, Vercelli e San Giovanni la Punta (Catania). Quel riferimento della proposta dem agli esponenti «dell’ideologia fascista», paradossalmente, rischia di colpire anche Pietro Nenni, di cui è nota una breve adesione al fascismo prima di diventare lo storico leader del Partito socialista.

 

 

Oggi a Nenni è dedicata una via a Milano. E che dire di Alberto Beneduce, che vanta due intitolazioni in provincia di Caserta e alle porte di Roma? Fondatore dell’Iri, Wikipedia lo definisce «uno dei più ascoltati consiglieri economici e stretto collaboratore del governo fascista». Il libro “I socialfascisti” di Antonio Alosco, già docente di storia contemporanea all’università di Napoli, apre uno squarcio pure sul passato di Emilio Caldara, decimo sindaco di Milano cui è intitolata una via in zona Porta Romana, e Arturo Labriola, fondatore del Psi a Napoli (che gli dedica una via), economista, deputato, ministro del Lavoro nel 1921. Caldara nel 1934 offrì a Benito Mussolini la sua collaborazione sul corporativismo; Labriola nel 1935, dopo l’Aventino, tornò clamorosamente in Italia lodando Mussolini perla guerra d’Etiopia. In serata contro le due proposte di legge dem si è levata la voce di Giuliana De’ Medici, figlia di Almirante, che ha definito l’iniziativa di Schlein «ridicola e inopportuna, ci sono cose più importanti di cui si dovrebbe occupare». 

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