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De Luca contro il Pd di Schlein e Chiara Valerio: "Una normale"

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"Ma chi la capisce se lei parla così?". La domanda di Lilli Gruber alla segretaria del Pd Elly Schlein ha centrato il problema della sinistra e del suo linguaggio criptico che non arriva diretto, lineare, chiaro a chi ascolta e poi dovrebbe votarla. L'osservazione della giornalista de La7 deve aver centrato il problema visto che pochi giorni dopo Chiara Valerio, scrittrice e matematica dal palco della manifestazione del Pd contro il governo a Roma, si è esibita in un monologo sul peperoncino.

"Tutte le persone che conosco sanno cucinare pasta aglio olio e peperoncino. Tutte le persone che conosco sono capaci di giudicare se la pasta aglio olio e peperoncino di uno è meglio o peggio di quella di un altro", ha detto Chiara Valerio. Ma non è abbastanza per Vincenzo De Luca che la cita, ma senza fare il suo nome, nel suo nuovo libro Nonostante il Pd con il quale il governatore demolisce la nuova dirigenza imposta dalla Schlein al Nazzareno.

 

 

 

Irridendo il linguaggio elitario dei dem il presidente della Regione Campania sostiene che serve "una cultura e una politica del dissenso, dell’eccezione, della variazione che assomigliano all’aglio e olio che facciamo tutti. Si potrebbe parlare di polenta, arancini, arancine, arancinu, porchetta e fave e cicoria. Nella cucina non c’è segregazione, autonomia differenziata, premierato... Io dico che dobbiamo essere ciascuno come aglio olio e peperoncino". L'esempio da seguire, secondo De Luca, è Giorgia Meloni, l'avversaria esterna, come esempio da seguire. "La sua", scrive De Luca, "è una lingua normale, come quella parlata dal 90 per cento dei cristiani normali di ogni orientamento politico".

 

 

 

Nel suo nuovo libro, che su Amazon sta mettendo in crisi il primato di vendite del generale Vannacci, De Luca parla dei dirigenti dem come di miserabili, poveri uomini, nullità politiche, cialtroni, idioti, dementi, tristi, anime morte e soprattutto "pipì", che di solito il governatore della Campania riserva ai giornalisti scomodi. A suo dire, nel Pd, i "pipì" sono tanti, a cominciare dall’indigesta segretaria armocromatica. Fa notare Marco Demarco sul Corriere del Mezzogiorno che questo è il suo modo di tirarsi fuori dal sinistrese, dal linguaggio che in nome della trascendenza e dell’utopia non ha mai smesso di rivelarsi orgogliosamente elitario e, come si diceva un tempo, irriducibile a un’unica dimensione funzionale.

 

 

Si spiega, allora, l’affondo contro chi ancora parla come ai tempi di Adorno e Horkheimer. "Alla mancanza di contenuti programmatici, di semplici proposte, di iniziative di governo, si è aggiunto progressivamente", scrive De Luca, "l’uso di un linguaggio gergale, incomprensibile, mitico-allegorico, e in ultima analisi, sconosciuto ai più; incapace di suscitare adesione sentimentale, sintonia comunicativa. E poi sempre chiamandosi per nome (Nicola, Enrico, Stefano, Dario, Pasquale, e oggi Elly) solo per dimostrare che si era diventati moderni, in grado ormai di competere con i Foffo, i Lillo, i Geppy, dell’alta borghesia o della nobiltà dei salotti romani". Forse, per De Luca, sarebbe stato meglio mobilitare non Chiara Valerio ma uno come Fabio Volo, uno che è in testa in tutte le classifiche dei libri più venduti. 

 

 

 

 

 

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