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M5s-Fdi, rissa alla Camera sul salario minimo: "Si sono messi le mani addosso"

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Succede di tutto alla Camera, sul salario minimo, persino una rissa fisica. E chi pensava che il disegno di legge strappato platealmente da Giuseppe Conte martedì pomeriggio fosse il punto più basso della "discussione" in aula, sbagliava. Mercoledì mattina, nel giro di pochi minuti, si registrano battute fulminanti, insulti, cartelli contro il governo, urla, schiamazzi, ovviamente pure la seduta sospesa. 

Il momento clou registrato da chi era presente a Montecitorio, però, è stato un altro. Mentre il deputato del Pd Matteo Mauri ha la bella idea di mettersi accanto al sottosegretario Claudio Durigon, simbolo della "occupazione" dei banchi del governo da parte degli esponenti dell'opposizione, in un angolo dell'aula succede che secondo quanto riportato dall'agenzia Ansa un deputato del Movimento 5 Stelle, Marco Pellegrini, e uno di Fratelli d'Italia, Salvatore Deidda, si mettono letteralmente le mani. A evitare che la situazione degeneri irreparabilmente è l'intervento di alcuni colleghi, tra cui il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, di Forza Italia, costretti a separarli. E' l'immagine-simbolo di una seduta decisamente movimentata.

Martedì pomeriggio Conte ed Elly Schlein avevano guidato la rivolta del centrosinistra, proseguita questa mattina con le parole di fuoco nelle dichiarazioni di voto finale sulla legge delega al governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva. La Schlein scandisca ripetutamente "non nel mio nome", uno slogan che rivedremo pochi minuti dopo a conferma di come le opposizioni avessero già predisposto una sceneggiata mediatica. 

Ad accendere la miccia è però il deputato di FdI Walter Rizzetto, protagonista di un intervento durissimo contro Pd e M5s, accusati di essere "i lama della politica" per aver "sputato in faccia da 12 anni ai lavoratori. Il vostro vero capo è Landini". Terminato il suo discorso, il meloniano è stato travolto dagli insulti dei colleghi dem e pentastellati, al grido "buffone" e "vergogna". Urla e insulti a cui si sono aggiunti cartelli di vario tipo sollevati dai rappresentanti delle opposizioni, guidati dai deputati dem Marco Furfaro e Laura Boldrini, tra cui appunto "non nel mio nome". Appunto. Un clima impossibile che ha costretto il presidente di turno della Camera Fabio Rampelli, pure lui di FdI, a sospendere la seduta prima della regolare, scontata approvazione della legge-delega.

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