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Report, Alessandro Zan nel mirino: fa il Gay Pride e poi incassa

Zan

Salvatore Dama
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Niente di irregolare. Non ci sono illeciti qui. Ma è il solito discorso: se fai la morale agli altri, poi gli altri - tutti - si aspettano che tu sia al di sopra di ogni sospetto. E invece ecco la delusione: ieri sera Report si è occupato di Alessandro Zan. Socio di una srl che ha incassato milioni organizzando Gay Village. Sì, proprio lui, il paladino dei diritti arcobaleno. L’esponente politico (del Partito Democratico) che più si è speso contro l’omofobia, come primo firmatario di una legge che portava il suo nome. E che è naufragata nella scorsa legislatura per la scarsa propensione dei dem a trattare con il centrodestra alcune modifiche alle parti più discutibili del testo.

Il Pd, pur non avendo la maggioranza in Parlamento, non ha voluto mediare sul tema dei diritti. O così, o così. E alla fine non ha concluso niente. Ma questa è un’altra storia. Che, tuttavia, ci ha fatto conoscere Zan e la sua meritoria attività ideale in sostegno della comunità Lgbt+.

LA RICOSTRUZIONE - E ora cosa viene fuori? Che se è vera la ricostruzione di Report, ecco, ci si smonta un mito. Zan rischia di essere retrocesso, nella considerazione dei suoi estimatori, da Martin Luther King arcobaleno al rango di quegli influencer che aderiscono a una causa solo se è facilmente monetizzabile. Col carico aggiuntivo: un politico - in una società utopica irradiata dal Sol dell’Avvenire- dovrebbe perseguire uno scopo per il suo portato ideale e non per battere scontrini con le birre e i cocktail. Non è vietato dalla legge.

 

 

Però sono quelle cose che si possono fare, ma non si dovrebbero fare. Cioè, sono affidate al senso di opportunità dell’interessato. Zan, comunque, dice di non essersi arricchito. Vediamo come stanno le cose. Nella sua dichiarazione patrimoniale, depositata a Montecitorio, l’onorevole piddino dichiara di essere socio maggioritario (quote al 52%) di Be Proud Srl, la società che organizza il Gay Village di Padova, la sua città e il suo feudo politico.

Zan è anche amministratore unico della srl, incarico che riveste, viene specificato, a titolo gratuito. Qui entra in campo Report. Che stavolta ficca il naso nelle cose della sinistra, attirandosi l’indignazione del popolo di X (già Twitter), che fino a ieri l’altro osannava le inchieste del programma di Sigfrido Ranucci. Il festival padovano esiste dal 2008 ed è l’evento arcobaleno più importante d’Italia: tre mesi di concerti e grandi eventi con oltre 200mila presenze a edizione.

 

 

AFFARI A GONFIE VELE - Il fondatore della kermesse è Zan, che ha costituito Be Proud con altri soci per curare l’organizzazione della manifestazione. Si poteva optare per un’associazione senza fini di lucro e invece è stata costituita una «società commerciale», i cui affari vanno a gonfie vele. «Nel 2022 ha incassato oltre 1,3 milioni di euro, di cui oltre 700mila euro di corrispettivi di ingresso e 450mila euro da incassi del bar», dice a Report Stefano Capaccioli, commercialista e revisore dei conti. Il biglietto costa dieci euro senza consumazione. Chi vuole sciabolare nel privè deve mettere mano alla tasca: un tavolo costa 160 euro. Report ha chiesto a Zan se il Pride Village sia a tutti gli effetti un evento commerciale e se questo non costituisca un conflitto di interessi con la sua attività politica. «È un evento dove tutto quello che viene guadagnato viene riversato nell’iniziativa, e dunque non c’è nessun tipo di guadagno», risponde l’esponente Pd. «Io ho prestato il mio nome per dare una mano, ma lo faccio con spirito di servizio, a titolo gratuito», precisa. Il deputato dem dichiara di non percepire reddito da Be Proud. Ma non è possibile fare una verifica, perché l’ultima dichiarazione depositata alla Camera risale al 2021. Fidiamoci. 

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