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Totò Martello indagato per abuso d'ufficio: nei guai l'ex sindaco rosso pro-migranti

Francesco Storace
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Adesso l’imbarazzo – evidente – è a sinistra. Perché c’è un’inchiesta pesante su un altro dei suoi “eroi”, l’ex sindaco di Lampedusa Totò Martello. La Procura di Agrigento lo ha indagato assieme ad altre venticinque persone, compresi i suoi famigliari, per una vicenda di appalti legati al rifacimento delle fogne nell’isola. Quello che era il paladino della sinistra immigrazionista e attaccava il leader della Lega per le sue politiche contro gli sbarchi, negli anni dal 2019 al 2021 trovava anche il tempo per darsi da fare illecitamente, dice la ricostruzione della magistratura inquirente.

I reati dei quali la congrega lampedusana sarà chiamata a rispondere sono tanti e pesanti: associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione, concussione, peculato e abuso d’ufficio. Si sono messi assieme, stando a quel che ipotizza la Procura agrigentina, per aggiudicarsi appalti anche tra parenti, il fratello, due nipoti, la cognata. Nelle ultime ore è giunta a destinazione la notifica degli avvisi di conclusione delle indagini nei confronti di dipendenti comunali, imprenditori e anche ex amministratori della maggiore delle isole Pelagie. E il nome più vistoso tra quelli finiti sotto inchiesta è proprio quello dell'ex primo cittadino Salvatore Martello insieme all’ex vicesindaco Salvatore Prestipino e a due dirigenti comunali. Le vicende contestate si sarebbero svolte tra il 2019 e il 2021: al centro dell’inchiesta l’appalto dei lavori di manutenzione della rete fognaria dell’isola. In questo contesto, tra le altre cose, sarebbero stati affidati lavori in subappalto a imprese riconducibili a familiari dell’ex primo cittadino nonostante i lavori fossero stati affidati ad una ditta di Messina. E qui starà il fatto criminoso da verificare: è vero o no che la ditta appaltatrice era quella di Messina? E perché i lavori sono finiti altrove? Ci furono pressioni da Lampedusa?

 

 

 

In Procura ne sono convinti, anche se Martello spara a zero esattamente come faceva quando il Viminale lo richiamava a fare il suo dovere al tempo di Salvini: «La procura agrigentina mi pare abbia preso un abbaglio. Sostiene che io abbia affidato lavori a miei parenti quando il compito del sindaco non è fare gare e dare affidamenti ma dare l’indirizzo politico. Le determine le fanno i dirigenti. Si parla di determine di 1000 euro o 500 euro che sono sempre dirigenziali. Dimostrerò nelle sedi opportune qual è l’abbaglio che ha preso la procura nei miei confronti e della mia famiglia. I miei familiari non hanno mai avuto rapporti con l’amministrazione di Lampedusa». Parole, solo parole per gli inquirenti e non potrebbe essere altrimenti.

 

 

 

Comunque, gli indagati, attraverso i legali di fiducia, hanno 20 giorni per chiedere di essere interrogati o presentare memorie difensive per provare a evitare la richiesta di rinvio a giudizio. E non sarà facile vista la determinazione dei magistrati. E' da tempo nel mirino di chi indaga l’appalto per i lavori di manutenzione della rete fognaria della maggiore delle isole Pelagie e delle stazioni di sollevamento. Due anni fa vennero sequestrati, dai carabinieri di Agrigento, nel Comune atti su appalti e concessioni. Troppe cose non quadravano rispetto alle relazioni svolte sulla questione. Per anni ci eravamo abituati al presenzialismo di Martello e la sua politica dell’accoglienza era diventata un mantra nei talk show televisivi. In particolare quando attaccava esponenti del centrodestra. Più volte le sue polemiche con Salvini erano finite sui giornali. Ora, l’ex sindaco si dovrà esibire al cospetto dei magistrati. E non sarà certo la prova più facile della sua vita, probabilmente. 

 

 

 

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