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Superbonus, l'Italia ha divorato il 20% dei bonus edilizi mondiali

Michele Zaccardi
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Passata la sbornia del denaro facile, il governo Meloni si è trovato a fare i conti con la principale eredità della stagione dei grillini al potere. E cioè quel Superbonus che continua a macinare nuovi record e a scavare un buco sempre più profondo nel bilancio dello Stato. Una misura che, per di più, ha reso l’Italia tra i Paesi più generosi al mondo sul fronte delle ristrutturazioni in chiave green degli edifici residenziali. Che sia un’iperbole? Niente affatto. Basta infatti spulciare i dati dell’Agenzia internazionale dell’energia per accorgersi che l’anno scorso, grazie al Superbonus, per migliorare l’efficienza energetica degli edifici l’Italia ha speso il 20% di quanto hanno sborsato tutti i Paesi del mondo.

A riportare le statistiche dell’Aie è il vice responsabile Imprese di Fratelli d’Italia, Lino Ricchiuti. «Secondo i dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia» ha ricordato, «l’Italia nel 2022 ha speso 57 miliardi di dollari in materia di efficienza energetica degli edifici, mentre gli altri Paesi del mondo, tutti insieme, hanno speso 228 miliardi. La nostra Nazione ha quindi investito circa il 20% della cifra mondiale totale. Ora qualcuno dalla sinistra, capace solo di gettare benzina sul fuoco, dica se è umanamente possibile che una Nazione con il debito come il nostro potesse permettersi una cosa del genere e in così poco tempo. Qualcuno non è contento dello sforzo del governo di andare incontro ai redditi medio bassi per terminare i lavori, ma con questi nessuno avrebbe saputo fare di meglio senza far saltare il banco o tagliando sanità e welfare».

 


I NUMERI
In totale, l’Agenzia internazionale dell’energia, nel suo “World Energy Investement 2023”, stima per l’anno scorso una spesa pari a 285 miliardi di dollari, dei quali 57 (pari a circa 55 miliardi di euro) in capo all’Italia. Numeri che, nel frattempo, sono aumentati. Il costo della maxi agevolazione edilizia, ha ricordato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, aumenta di 4,5 miliardi al mese, nonostante le strette varate da Palazzo Chigi, dal blocco della cessione dei crediti decisa a febbraio al decalage dell’incentivo, che quest’anno si è ridotto, con diverse eccezioni, dal 110 al 90%.


Secondo i dati Enea di fine novembre, il Superbonus è costato finora 97 miliardi ed è molto probabile che sfondi quota 100 miliardi nel 2023. E questo per ristrutturare appena il 3% degli immobili (tra cui sette castelli). Senza contare che, come ha dichiarato Giorgetti, le stime della Nota di aggiornamento al Def di fine settembre sono ormai superate. Nel documento si prevedeva una spesa per quest’anno pari a 36 miliardi di euro (l’1,8% del Pil), mentre, stando al Sole 24 Ore, gli ultimi dati del Ministero dell’Economia indicano una zavorra aggiuntiva sul 2023 di 20-23 miliardi. In totale, l’agevolazione costerà quindi 56-59 miliardi. Di conseguenza, il deficit del 2023, già rivisto al rialzo al 5,3 dal 4,3% proprio per l’onere dei bonus edilizi, lieviterà probabilmente di un altro punto percentuale. E se, da un lato, il problema è marginale, dal momento che gli extra costi si scaricheranno sul disavanzo del 2023, dall’altro lato, l’incremento in prospettiva inciderà sul debito pubblico.

Quando le detrazioni maturate saranno portate in compensazione delle tasse, infatti, lo Stato si troverà con una riduzione del gettito fiscale e quindi con un aumento del fabbisogno da coprire con l’emissione di obbligazioni (come i Btp). Non ha caso, lo stesso Giorgetti, ha paragonato l’agevolazione a «una centrale nucleare», aggiungendo che ha «effetti radiottivi sulla finanza pubblica». Già perché, da qui al 2027, lo Stato si troverà con un ammanco di gettito fiscale causato dai crediti edilizi di oltre 20 miliardi l’anno. La politica economica del governo Meloni, dunque, sarà paralizzata dalle scelte fatte dal governo Conte II e confermate, seppure obtorto collo, da Mario Draghi. Non solo. Oltre al costo esorbitante, il governo Meloni è stato pure costretto a trovare una difficile via d’uscita dalla maxi agevolazione (che dal 2024 calerà al 70%), tentando di salvare famiglie e imprese, senza aumentare gli oneri per le casse pubbliche. La speranza è che le misure varate pochi giorni fa consentano una chiusura ordinata dei cantieri (sono ancora in corso lavori per 12,8 miliardi nei condomini). Di certo, al momento, c’è che la stagione di Conte a Palazzo Chigi continua a fare danni.

 

 

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