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Mattia Santori finisce nel deserto: "Fondamentale", l'ultima tappa del declino

Lorenzo Mottola
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E alla fine si imbarcò su un cargo battente bandiera liberiana. Sta prendendo una brutta piega – un po’ alla Carlo Verdone in Borotalco – la già surreale saga di Mattia Santori, scherzo della politica che di mese in mese, dopo l’elezione in Consiglio comunale a Bologna, si arricchisce di contenuti comici. E pensare che tutto era iniziato con ovazioni da sinistra: cantanti e vip facevano la fila per partecipare ai suoi eventi. Per non parlare dei commentatori: Gianni Riotta era arrivato a definire le Sardine «la cosa migliore capitata alla sinistra negli ultimi anni». Poi le cose hanno seguito il binario previsto: a furia di contestare il Pd Santori si è guadagnato una poltrona nel Pd. E ora che è lui ad avere una poltrona a Bologna che fa? L’ultima è che organizza “viaggi di coscienza” in Algeria.

ADESIONI APERTE
«Sono esperienze di crescita fondamentali», dice il politico Dem, che sta raccogliendo adesioni per portare otto disperati bolognesi (le iscrizioni sono ancora aperte) in un villaggio in mezzo al deserto. Qui il gruppetto – dopo qualche tour tra le dune - si farà ospitare da malcapitate famiglie del luogo e conoscerà i progetti avviati dalle associazioni sul territorio. Per esempio la fondamentale Sahara Marathon, corsa podistica in mezzo al nulla «per portare all’attenzione della comunità internazionale la situazione sociale e politica della popolazione». Certo, una svolta.

 



Dirà l’amico delle Sardine: cosa c’è di male se un politico si fa sponsorizzare i viaggi dal Comune? Forse poco, ma c’è anche da dire che ancora stiamo aspettando un’iniziativa politica seria da parte di Santori. Per ora il nostro s’è distinto solo per aver organizzato una spedizione con tutto il Consiglio comunale in una fabbrica di CBD, ovvero di marijuana a basso contenuto di THC, per aver detto che il pesto ligure fa male quanto le canne (o almeno in Liguria hanno interpretato così la sua frase, tanto che è scoppiata una mezza rivolta). L’erba pare un chiodo fisso del nostro uomo, ma non è mica un caso: «Sì, la coltivo e la consumo», ha ammesso a più riprese «quest’anno ho raccolto già 60 grammi». E questo senza preoccuparsi minimamente del fatto che un consigliere eletto, in teoria, dovrebbe rispettare le leggi dello Stato, per quanto le ritenga poco condivisibili. Intrattenimenti psicoattivi a parte, resta indelebile un’altra proposta del giovane Dem: aprire a Bologna il primo stadio dedicato al frisbee, tanto per smentire chi gli dà del ragazzino. Per non parlare dell’idea di imporre una nuova tassa sui cittadini che possiedono due auto.

Quando si occupa di questioni serie, d’altra parte, Santori fa anche peggio. Difficile dimenticare la risposta data al direttore del Giornale Alessandro Sallusti, che gli chiedeva la posizione delle Sardine sulla prescrizione: «Ma lei, Sallusti, se un bambino autistico quando gli passa un pallone da basket, questo ritrae le mani, come riesce a passarle la palla e fare in modo che questo la raccolga con quelle mani che non sa usare?». Parole in Sardinese. Poi ci sono le posizioni in politica estera. Su Israele: «Sì, sono antisionista», detto dopo il blitz di Hamas del 7 ottobre. Sull’Ucraina: «Non si risponde al fallimento della politica estera mandando armi a un Paese che sicuramente è vittima, ma la cui situazione è anche frutto delle nostre scelte sbagliate». E così via.

LA SPECIALITÀ
Come dicevamo, la specialità di casa Santori è comunque un’altra: la polemica interna. Nella sede Pd del Nazareno ancora ricordano il giorno in cui si presentò con tende e sacco a pelo per occupare la sede e coprire di ridicolo lui stesso e il partito. Non è un caso se il 34enne di Bologna che, soprattutto dopo la nomina di Elly Schlein, sembrava destinato a incarichi di peso sia finito in un angolino. Il tutto mentre anche il suo movimento andava in pezzi lacerato da mille polemiche e correnti varie. Sardine divise, città per città. Con accuse al fondatore: «Ma quale democrazia, ci controllavano pure i social». E questa sarebbe «la cosa migliore capitata alla sinistra negli ultimi anni». Figuriamoci la peggiore. 

 

 

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