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Elly Schlein, la consigliera Pd che affonda la leader

Elisa Calessi
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Sono pochi, sempre meno, e silenti. Spariti, senza alcuna seria protesta, dagli organismi dirigenti. Soprattutto spariti dall’incidere sulla linea politica del Pd. Le uniche voci che si sono levate in questi mesi sono dei “vecchi”, i custodi della memoria, giusto in qualche convegno per appassionati. Chi li ha visti i cattolici del Pd?

Chi sono? Tranne Graziano Delrio, che qualche volta prova a dire la sua, si fatica a intravedere qualcosa. Nemmeno quando la segretaria ha, in coerenza con quanto detto nella campagna congressuale, confermato di essere a favore della maternità surrogata, nessuno ha fiatato. Da 48 ore, qualcosa si è mosso. Ci voleva Anna Maria Bigon, ignota consigliere del Pd veneto, che ha deciso di esercitare quello che, in altri tempi, sarebbe stato considerato un atto scontato: un voto di coscienza su temi etici, peraltro particolarmente discussi. Invece il suo voto di astensione su un tema complicato come il fine vita, differente dal gruppo, si è meritato la citazione di Elly Schlein nel discorso di chiusura a Gubbio, tra Meloni e la guerra. La scelta di Bigon, definita una «ferita» e aggiungendo che avrebbe dovuto «uscire dall’Aula» e non votare, è diventata il simbolo di quello che, nel Pd, è sbagliato fare.

 

 

 

Per 24 ore tanti mugugni, silenzi, ma niente più. L’unico è stato Delrio che, ad Avvenire, ha preso le distanze dalla segretaria. «Se Bigon fosse sospesa», ha detto l’ex ministro, «mi autosospenderei anch’io dal partito. Non solo perché condivido la scelta della nostra consigliera regionale, ma perché agirei allo stesso modo nei confronti di qualsiasi collega di partito che fosse “punito” per aver esercitato la propria libertà di coscienza su un tema sensibile». E ancora: «Su questi temi mai, e ripeto mai, la disciplina di partito può sovrastare la libertà di coscienza. Vale anche per chi ha un’idea opposta alla mia. Ma ciò detto, concordo con la posizione di Bigon nel merito e nel metodo».

A quel punto ha parlato anche Lorenzo Guerini, già irritato per la frase su Israele: «La disciplina di partito, sui temi eticamente sensibili, non può sovrastare la libertà di coscienza. Provvedimenti nei confronti di Bigon negherebbero un principio alla base del nostro partito. Ciò non significa che sul fine vita non si debba lavorare con impegno: non solo per la sentenza della Corte Costituzionale ma, soprattutto, per affrontare con umanità e responsabilità la sofferenza di tante persone. Coniugando il diritto alla vita con la libertà di rifiutare le cure. Credo che il ddl Bazoli possa rappresentare, per il Pd, un buon punto da cui partire».

 

 

 

Infine, sulle chat dei parlamentari, anche Alessandro Alfieri: «Caro Graziano, sui temi etici la libertà di coscienza è fondamentale ed ha rappresentato un tratto identitario del Pd fin dalla sua fondazione. Non penso che ci sia nessuno così stupido da sospendere la Bigon, ma se così fosse non potrò che essere solidale con te». Il punto di ripartenza, secondo Guerini, potrebbe essere il ddl Bazoli, su cui nella passata legislatura il Pd aveva trovato una base comune. Resta da capire se e quanto si ha voglia di comprendere visioni differenti su questi temi.

 

 

 

Per Matteo Orfini, se è vero che su questi temi non può esserci la disciplina di partito, è, però, altrettanto vero che c’è una questione di opportunità: «Anche a me è capitato, su richiesta dei miei capigruppo, di uscire dall’aula per non esprimere un voto in dissenso per ragioni di tattica parlamentare. Quando si sta in un gruppo si può anche cercare di trovare un compromesso». Andrea Martella, senatore del Pd e segretario regionale del Veneto, assicura che «la libertà di coscienza è uno dei tratti identitari del Pd, e in un dibattito delicato e complesso come quello del fine vita non può di certo essere negata». Però va conciliata con «un principio di responsabilità verso la comunità» di cui si fa parte. Detto questo «nessuno ha mai parlato di provvedimenti disciplinari, sanzioni o sospensioni». E lo stesso ha detto Francesco Boccia, capogruppo al Senato: «Fuori luogo immaginare o parlare di provvedimenti nei confronti di Bigon. Nessuno, tanto meno la segretaria del partito, lo ha mai affermato né pensato». Punto e a capo. Per ora. 

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