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Piantedosi, correttezza storica e mossa politica: perché è giusto il "no" ai cortei pro-Gaza

Gianluigi Paragone
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Il ministro dell’Interno Piantedosi con il divieto di autorizzare nella sola giornata di oggi cortei a favore della Palestina ha compiuto un notevole gesto, tecnico e politico assieme. È tecnico (e qui esce la sua consolidata esperienza all’interno dell’amministrazione civile del ministero) perché tende a evitare una sovrapposizione pericolosa nella tenuta dell’ordine pubblico e contestualmente a individuare coloro che, nell’ipotesi di forzature, gettano la maschera e di fatto parteggiano per Hamas e non per le comprensibili ragioni di solidarietà per un popolo che sta pagando colpe non sue. Diventerebbe chiaro infatti che la violazione di un provvedimento, finalizzato alla sola celebrazione della Memoria, celerebbe l’intenzione di sfregiare la Storia altro che domande sull’antifascismo -, di negare l’orrore dell’Olocausto.

Ecco perché nel diniego di Piantedosi c’è anche un senso politico: portare sulla riga del fuorigioco coloro che piegano la Storia, la distorcono per uno scontro imbevuto di propaganda dove il Male e il Bene si confondono nella clessidra del Tempo. Però non è la stessa cosa, assolutamente; se infatti fosse tutto uguale non dovremmo celebrare questa giornata. Che senso ha un corteo pro Palestina proprio nella giornata della Memoria? Che senso ha sentire parole di odio verso Israele e magari vedere le bandiere di quello Stato incendiate con rito macabro? Non è il tentativo di zittire, ma di rispettare. Oggi non si può pensare che tutto giochino sulla stessa linea, che tutto possa essere eguale. Oggi bisogna capire se la Storia ha ancora una lezione da insegnare, specie adesso che focolai di guerre compongono un pericoloso mosaico di “terza guerra mondiale a pezzi”. Se pensiamo che ne abbia allora per quella lezione occorre prestare un orecchio pulito dal cerume di chi è incapace di distinguere critica e odio.

 

 

L’accavallamento dei cortei - come pure c’è stato recentemente banalizzerebbe il senso della Memoria, il ricordo di sei milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento; e sterilizzerebbe persino quelle critiche che pure al governo Netanyahu debbono essere fatte ed è giusto fare perché questo consente la democrazia. Congelare una manifestazione in concomitanza della Giornata della Memoria significa mettere a riparo la democrazia matura. Le ragioni del popolo palestinese sotto attacco ci sono eccome, sono le ragioni degli indifesi; e nulla hanno a che spartire con lo “spirito” di certe manifestazioni come quella che a Vicenza metteva al centro del mirino gli espositori israeliani a una fiera. Lo ribadisco: è giusto che in un momento come questo vi siano diverse tesi, persino radicali, su cosa sta accadendo a Gaza e sull’intensità della risposta del governo Netanyahu a danno di bambini, donne e generalmente di persone indifese. Ma queste ragioni - se autentiche - debbono avere il rispetto di quel che la Storia ci ammonisce. Chi in queste ore dovesse violare la Memoria sta ammettendo che Hamas ha ragione a voler cancellare lo Stato di Israele e che le modalità di quel 7 ottobre furono modalità compatibili con quel fine. Di questa gente c’è da aver paura.

 

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