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Dossieraggio, sabotaggio al governo: è caccia al mandante

Paolo Ferrari
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È caccia al mandante di Pasquale Striano, l’ex maresciallo della Guardia di finanza responsabile dell’Ufficio che gestiva le segnalazioni di operazione sospette (Sos) della Direzione nazionale antimafia (Dna), accusato di aver effettuato nei mesi scorsi senza alcuna giustificazione oltre 800 interrogazioni alla banca dati di via Giulia. Molte di queste interrogazioni furono poi trasmesse ai giornalisti della squadra investigativa del Domani, Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine, ora indagati insieme a Striano con l’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio e accesso illegale a sistema informatico.

Non sembra aver riscosso molto successo la giustificazione di quanto accaduto fornita in questi giorni dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone, titolare del fascicolo, secondo il quale gli accessi effettuati da Striano, adesso trasferito ad altro incarico, avessero finalità «giornalistiche». È infatti quanto mai difficile immaginare che l’ex maresciallo delle Fiamme Gialle, classe 1965, poi promosso ufficiale, abbia sistematicamente violato per anni tutti i protocolli operativi, commettendo cosi reati gravissimi, solo per rispondere alle incessanti richieste dei giornalisti del Domani che avevano bisogno di materiale per scrivere gli articoli.

Da parte sua Striano si è difeso sostenendo la correttezza del proprio comportamento e di non sapere nulla di eventuali dossier. La scorsa settimana, convocato dai pm di Perugia per chiarire il suo operato, si è però avvalso della facoltà di non rispondere.

 

 

ELEMENTI VIETATI - Il magistrato Giovanni Russo, attuale capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e già coordinatore del Servizio di contrasto patrimoniale della Dna, al cui interno c’era l’ufficio Sos prima di essere riorganizzato dall’attuale procuratore nazionale antimafia Giovanni Pio Melillo, è stato invece sentito nei giorni scorsi a Perugia come persona informata sui fatti.

L’indagine condotta dalla Procura di Roma (e poi trasferita a Perugia per competenza) è nata a seguito della denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto in seguito alla pubblicazione sul Domani di un articolo in cui erano riportati elementi informativi, di vietata divulgazione, acquisiti da Striano nei suoi confronti. Non è da escludersi che qualche file sia stato cancellato. Il prossimo a essere interrogato sarà comunque il pm Antonio Laudati, indagato con Striano in relazione invece alla creazione di alcune richieste di apertura di dossier preinvestigativi. Il suo difensore ha già annunciato che intenderà rispondere per «chiarire la completa estraneità ai fatti contestati».

L’inchiesta si è arricchita ieri anche di un nuovo filone. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo sulle accuse rivolte al presidente della Federcalcio Gabriele Gravina. L’indagine, al momento senza indagati o ipotesi di reato, è in relazione a una segnalazione mesi fa della Dna e che avrebbe a oggetto «presunte attività illecite» poste in essere dal numero uno del calcio italiano.

 

 

FALSA ATTESTAZIONE - La vicenda nasce a seguito di uno di questi dossier preinvestigativi. In particolare, a marzo dello scorso anno Laudati e Striano avrebbero falsamente attestato che le fonti di innesco dell’attività investigativa fossero «elementi informativi provenienti dalla Procura di Salerno e da quest’ultima acquisiti nell'ambito di proprie attività investigative». Circostanza smentita dai fatti in quanto «l’origine dell’atto erano le informazioni ottenute» da altra persona «attraverso incontri promossi da Laudati e concordati da Striano nel maggio del 2022». Una condotta mediante la quale i due determinavano «intenzionalmente un danno a Gravina», ipotizzando in tal modo «attività illecite poste in essere dallo stesso».

Cantone insieme a Melillo, per fare il punto su questa vicenda, sempre più torbida, verranno sentiti, come da loro richiesto, dalla Commissione antimafia. Il primo già domani mattina. All’audizione, però, non dovrebbe partecipare il deputato grillino Federico Cafiero De Raho. La sua presenza sarebbe fonte di imbarazzo dal momento che le centinaia di accessi abusi alla banca dati dell’Antimafia e contestati a Striano sono avvenuti quando egli era procuratore nazionale antimafia.

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