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Elsa Fornero, due pagine sulla "Stampa" perché ora cura le patate: un servizio surreale

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Pietro Senaldi
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L’indimenticata ministra del Lavoro di Mario Monti è stata omaggiata dalla Stampa, il quotidiano del suo Piemonte, di una marchettona da due pagine sull’edizione del giorno della festa. Tema: ho salvato l’Italia. Svolgimento: quelli intelligenti l’hanno capito e, se anche all’inizio mi hanno maledetto, ora mi ringraziano: gli altri sono dei bifolchi e, se mi scrivono, li cestino. A corredo, l’elogio dell’orto del borgo natio, San Carlo Canavese, dove la professoressa si ritira appena può per coltivare l’appezzamento di famiglia e apprendere «la lezione dell’orto», ossia che ogni cosa ha il suo tempo e l’agricoltura è come l’economia, serve equilibrio, sennò va tutto a rotoli. Adesso è il tempo delle patate, lesse. Prima spiega di aver piantato i cavoli, amarissimi per tutti.

Nel suo minestrone l’ex ministra in versione pollice verde, che forse inizia a sospettare di capire di agricoltura quanto di economia, tira giù anche due mestolate di pepe contro Matteo Salvini, reo di aver impostato una campagna elettorale contro la sua riforma: «Mi ha messo un bersaglio addosso e per questo, agli eventi pubblici, ancora devo girare con due agenti di scorta. Più di uno dei suoi mi ha detto di non poterne più di lui come segretario». Una frecciata anche alla Meloni non guasta, casomai qualcuno avesse dei dubbi sul pensiero politico di questa ex tecnica: «Parlo volentieri del mio Paese, non della mia nazione», sentenzia ex cathedra; e chissà perché questo termine le sta sul gozzo almeno quanto i duecentomila esodati che ha lasciato dall’oggi al domani senza stipendio e senza pensione. Sono sviste dovute alla fretta: «La riforma era necessaria ma non perfetta» concede la professoressa.

 

 

 

Intendiamoci, non che tecnicamente si possano addossare alla Fornero le colpe della riforma previdenziale a cui lei ha dato il suo nome. Gli italiani andavano in pensione troppo presto e con assegni troppo alti e, se non ci fosse stata lei, ci sarebbe stato qualcun altro al suo posto a tagliare assegni e allungare tempi di lavoro. Le va dato il merito di averci messo le lacrime, a coprire la faccia. Certo, ha calato la scure su chi aveva lavorato e pagato i contributi, lasciando indenni coloro che prendono il vitalizio avendo versato poco o nulla, che poi sono quelli che affossano i conti dell’Inps, e salvato i diritti di chi già si era ritirato, anche se lo aveva fatto a cinquant’anni e non ai 67 previsti oggi. Però, lo sanno tutti, qualcosa andava fatto e l’allora premier Monti ha mandato avanti lei, forse perché lui già nutriva velleità di salire in politica e non voleva mettere il suo nome sull’iniziativa di governo più impopolare degli ultimi vent’anni.

Quello che è difficile perdonare alla Fornero, e che ci fa sperare che la sua fase bucolica la rapisca per sempre, come una sorta di Cincinnato del Canavese, è quel modo di fare da baronessa d’ateneo, che finge di accettare il dialogo ma è disposta a concordare solo con chi le dà ragione. D’accordo, a scuola era bravissima, e non è da tutti, l’orgoglio di mamma e papà operaio, come ricorda ancora adesso a sessant’anni di distanza senza tema di cadere nel patetico. Era brava anche all’università, poi ha conosciuto un assistente brillante poco più anziano di lei che ha sposato e, dopo annidi studio, è diventata lei pure professoressa. Ai tempi si poteva, oggi ad Harvard darebbe scandalo; ma qui ha ragione la Fornero, anche se il suo compiaciuto conformismo lascia supporre che le esagerazioni del politicamente corretto le vadano più a genio che no.

Perché stupirsi che ci parli di ortaggi e di come difenderli dalle intemperie? In una precedente intervista ci aveva spiegato come si faceva il risotto. A Pasqua la professoressa si intrattiene anche sulla necessità di una difesa comune europea. Tutto pur di non approfondire la materia economica, quella che insegna. Peccato solo che la lezione dell’orto l’abbia imparata solo anni dopo aver lasciato il governo, come per esempio «l’importanza della crescita». Saperlo prima, e pensare che il suo governo per risanare i conti dell’Italia ha pensato bene di varare una serie di provvedimenti che ha stroncato il Pil... Sarà per questo che il governo chiamato per salvare l’Italia l’ha consegnata più ammaccata di come l’aveva ricevuta da Berlusconi... «Una grandinata come non si era mai vista, che distrusse tutto», così la Fornero descrive l’acquazzone che, nel luglio di due anni fa, le ha distrutto l’orto.

 

 

 

«Colpa del fatto che abbiamo forzato la natura» spiega l’unica contadina europea a favore dell’economia verde, sarà perché, lei, con i prodotti dell’orto condisce le sue giornate ma non deve viverci. E una grandinata, di tasse, che distrusse l’orto Italia, è stato il governo di cui ha fatto parte. Medicina necessaria, è la tesi sua e del professor Monti. Però anche gli italiani conservano la saggezza del contadino. «Quando la situazione si fa difficile, occorre correre ai ripari. Bisogna essere previdenti» ammonisce la professoressa. Dopo di lei, abbiamo avuto tante situazioni difficili, ma siamo stati previdenti: nessuno ha richiamato in servizio la Cincinnato del Canavese. E nessuno lo farà più. Resterà una figurina del pensiero corretto progressista. Nel mercante in fiera, sarebbe la mietitrice; degli assegni previdenziali altrui.

 

 

 

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