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25 aprile, a Torino i partigiani umiliano gli ucraini

Claudia Osmetti
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 Sono chiari, fin dall’inizio: non è ancora formalmente il 25 aprile, a Torino, mercoledì sera, alla tradizionale fiaccolata voluta dall’Anpi che dovrebbe ricordare la Liberazione e che, invece, si tramuta (in parte, quantomeno) nell’ennesimo sfogo di piazza dei propal nostrani. Il corteo è appena stato aperto dal sindaco torinese Stefano Lo Russo (centrosinistra): Free-free-Palestine, Palestina libera, scandito, a voce grossa, qualcuno ha in mano pure un megafono, in mezzo a una piazza Arbarello zeppa di gente.

Poi vai a spiegarglielo, che l’occasione è un’altra, che quel From-the-river-to-the-sea coi partigiani della val d’Ossola c’entra un piffero, che se c’è un rigurgito di nazifascismo in Medioriente non è di certo imputabile a Israele.

 

 

 

Ci sono le bandiere che sventolano, a Torino. E al primo colpo d’occhio si confondono col tricolore, ma si tratta dei vessilli palestinesi: assieme a quelli di Potere al popolo e dei soliti collettivi di sinistra come Cambiare rotta. Loro, sempre loro. Che berciano anche Boycott-Israel, boicotta Israele, nel giorno che celebra la fine di un incubo per tanti ebrei italiani (e non solo).

 

 

 

All’improvviso, il serpentone s’è nel frattempo spostato fino ad arrivare in piazza Castello, qualcuno riesce a salire sul palco, fa strada ad altri, li tira su. Sono in quattro o cinque. Questo-è-il-nostro-palco. Interviene la polizia. Dai video che circolano in rete chiaramente senza manganello, ma con solo lo scudo protettivo. Cercano, gli agenti col caschetto blu, di farsi strada, di creare un corridoio per far defluire la gente. Mentre gli antagonisti li prendono a calci, li insultano, li minacciano. Via-assassini-via, parolacce alla rinfusa.

Fortunatamente finisce tutto lì. Qualche attimo di tensione, qualche scontro, un po’ di parapiglia. Nessun ferito. Solo loro, ancora loro, i collettivi di sinistra, di nuovo sul palco, con uno striscione sul “genocidio” di Gaza, contro le guerre (tutte, s’intende, o quasi: infatti l’attacco di Hamas del 7 ottobre ai kibbutz israeliani non viene citato nemmeno per sbaglio), contro il fascismo e il sionismo che, si sa, son la stessa cosa. E gli slogan triti e ritriti assieme alle inesattezze storiche che sono mesi ci propinano.

Fuori-la-Nato-dal-corteo, dopotutto un evergreen: lo gridano, adesso, però, in faccia alla delegazione dei radicali piemontesi che sfila con la bandiera dell’Ucraina in mano. Non va bene neanche Kyiv, evidentemente. 

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