Sanità, ecco tutti i tagli dei governi di prima negli ultimi 5 anni
È vero, se c’è una cosa che ci hanno insegnato pandemia e Covid è che a tagliare i fondi della Sanità son dolori per tutti. Eppure, e ben prima che quel benedetto (si fa per dire) virus venisse a scombussolarci l’esistenza, ciò che è successo è esattamente questo. In maniera progressiva, tra l’altro, e senza distinzione di bandiere politiche: destra o sinistra, centrodestra o centrosinistra, è stato lo stesso. La coperta troppo corta, i costi alle stelle di un sistema di welfare sulla carta orgogliosamente inattaccabile (gli ospedali gratis per chiunque sono una conquista a cui nessuno di noi è pronto a rinunciare, per fortuna), i problemi strutturali di un meccanismo che, però, s’inceppa da troppo tempo (mancano i dottori, mancano gli infermieri, mancano i medici di famiglia).
Il risultato è “quer pasticciaccio brutto de via Ribotta”, intesa come sede centrale del ministero della Salute, che, proprio sulla Salute, ha sforbiciato di continuo. C’entra niente l’attuale inquilino (Orazio Schillaci), c’entra niente l’attuale esecutivo (di Giorgia Meloni): c’entra, semmai, un pregresso che s’è accumulato, anno dopo anno, e che solo nell’ultimo quinquennio pre-emergenza è valso qualcosa come quasi undici miliardi di euro spariti nel nulla. I numeri sono stati forniti a Libero dal dicastero in questione e no, non sono una sorpresa, ma sì, vale la pena di analizzarli uno per uno.
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Nel 2014 (governo Renzi, ministro Beatrice Lorenzin) i finanziamenti secondo il Patto perla salute e la legge 190 dello stesso anno sono stati rendicontati ed effettivamente messi a disposizione per 109.928 milioni di euro. Nel 2019 (governo Conte uno, ministro Giulia Grillo) il fondo complessivo in virtù della stessa normativa doveva essere di 125.340 milioni di euro, ma ne sono stati emessi appena 114.396. Che fine ha fatto la differenza, ossia 10.944 milioni di euro che proprio bruscolini non sono? Sono stati tagliati, zac, via, arrivederci, un po’ grazie (per colpa) della manovra del 2015, un po’ grazie (per colpa) di quella del 2016, un po’ perché l’andazzo, tutto sommato, piaccia o no ed è ovvio che no, è il medesimo da molto tempo a questa parte.
Per lo stesso motivo nel 2015 (ancora governo Renzi) i tagli alla Sanità sono stati di 2.352 milioni di euro; nel 2016 (idem) di altri 4.447 milioni di euro; nel 2017 (governo Gentiloni, ministro di nuovo Lorenzin) di 6.338 milioni di euro; nel 2018 (stessa compagine governativa, i gialloverdi sono arrivati a metà anno) di 8.954 milioni di euro. Fermiamoci qui ché indagare il biennio 2020-22 ha poco senso (con tutto quel che è successo in quei mesi bui di lockdown e preoccupazione di massa) e andare a pescare più indietro pure (non cambia di una pennellata il quadro generale, secondo l’osservatorio della fondazione Gimbe, in un lasso più ampio che va dal 2010 al 2019, il servizio sanitario nazionale ha perso 37,5 miliardi di euro). Però allora fermiamo anche le polemiche o, quantomeno, le accuse rivolte, oggi e per sempre, solo alla compagine di centrodestra a Palazzo Chigi. Ché a fare i puri si finisce sempre scornati, per prendere una licenza poetica sulle parole di Pietro Nenni, e comunque nessuno, ma veramente nessuno, ha la coscienza pulita.
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