Cerca
Cerca
+

Piero Fassino, profumo e duty free: davanti a lui 4 strade, ma senza via d'uscita

Piero Fassino

Pietro Senaldi
  • a
  • a
  • a

L’onorevole ed ex segretario del Pd, Piero Fassino, è da ieri formalmente indagato per il furto di una bottiglietta di profumo all’aeroporto di Fiumicino. Se per il diritto penale è innocente fino a sentenza definitiva, dal punto di vista della reputazione, il verdetto di condanna pare già espresso e inappellabile. “Fassino profumo”, “Fassino ruba profumo”, “Fassino stipendio” “Fassino Piero, parlamentare”, “Fassino moglie”, “Fassino malato”, “Fassino Chanel”: sono queste, nell’ordine, le prime otto associazioni che appaiono su internet legate al nome dell’onorevole dem. Per lo più, si tratta di allusioni e spiacevoli accostamenti alla sua recente, tragica, vicenda umana, una volgare accusa di furto, a dispetto di un cursus honorum che l’ha visto sottosegretario di Stato, ministro del Commercio Estero, ministro della Giustizia (oggi suona beffardo), sindaco di Torino, deputato per sette legislature consecutive, presidente dei Comuni italiani.

E che ne è dell’interessato, inchiodato da sei testimoni dipendenti del duty-free laziale nonché dai filmati che lo immortalano mentre intasca una bottiglietta di prezioso profumo da 130 euro, tutto l’opposto di quanto lui sostiene nel suo racconto ufficiale?

Lui tira dritto, in barba alle evidenze. Non ha ancora ritrattato la prima versione, dove si era descritto con le mani impegnate, una sul telefonino e l’altra sul trolley, dimentico di aver appoggiato la fiala di Chanel in tasca e fermato dalla vigilanza, anziché dal beep del rilevatore anti-taccheggio, come invece documentano le immagini. «È stato un incidente, abbiamo chiarito subito tutto» aveva dichiarato l’onorevole all’indomani della pubblicazione da parte dei giornali della sua disavventura, in un esercizio di avventato ottimismo. Le reali evidenze infatti dicono che il calvario di Piero è solo alla prima stazione. Davanti a lui si aprono quattro strade, ma portano tutte a Caporetto.

 

 

ARCHIVIAZIONE - Dal punto di vista processuale la cosa migliore sarebbe per lui una richiesta d’archiviazione da parte della procura per la tenuità del fatto; sempre che rubare beni dal valore di oltre cento euro al di fuori della Ztl (la zona a traffico limitato del centro) possa ritenersi una bazzecola. Alla soluzione osta però la circostanza che l’episodio non sarebbe isolato, visto che Fassino era già stato fermato una volta dalla vigilanza aeroportuale, la quale peraltro dichiara che in un secondo caso avrebbe chiuso pietosamente un occhio.

Non c’è due senza tre, ed ecco la frittata. L’archiviazione quindi dovrebbe soprassedere su un vizietto più che su una svista. In ogni caso, non potrebbe avvenire prima che l’indagato presenti una memoria difensiva, che sarà pubblicata a giornali unificati, con onta massima.

Ma è soprattutto il Pd a non augurarsi un finale simile. Al Nazareno già si immaginano il tormentone: attenuante dem, se sei un parlamentare del Pd puoi essere accusato di furto e scansare il processo. Per il partito che da cinquant’anni fa della superiorità morale la sua massima rivendicazione identitaria, un’accusa a un suo autorevole membro che finisce con una grazia ad personam non sarebbe buona pubblicità.

MALATTIA INVALIDANTE - Già, ma cosa pensano del fragrante Piero nella casa madre? Lo sconcerto prevale sull’imbarazzo. Nessuno parla ufficialmente; il tema se lo sono posti tutti, ma in capannelli ristretti e ben lontani dal seggio, su in alto, dove l’onorevole siede sopra il suo amico Nicola Zingaretti. Elly Schlein fa finta di nulla, non se ne fa un problema, tanto Piero sosteneva Stefano Bonaccini e non lui. Di fronte ai suoi intimi, i soli che hanno osato chiedergli conto delle accuse, Fassino nega ogni responsabilità: non ho rubato, ho appoggiato il profumo in tasca e la vigilanza mi ha fermato prima che potessi pagare, mentre sovrappensiero avevo superato le casse. Resta questa la versione ufficiale anche per gli amici. Amici veri, i quali, conoscendo il gusto amaro della verità, non fanno quelle banali domande supplementari che verrebbero a tutti: ma Piero, il video, la recidiva, le mani non occupate?

Sono i primi segni di qualcos’altro, dell’avanzare inesorabile degli anni, di qualche patologia: queste le risposte che si danno nei corridoi gli onorevoli dem, nessuno dei quali vuole credere di aver portato per trent’anni in Parlamento un potenziale ladro, qualora le accuse fossero confermate. E poi, se si trattasse di malattia invalidante, il riposo sarebbe meglio dello stress parlamentare, dell’obbligo di salire e scendere dagli aerei, con i rischi che la pratica comporta; ma chi glielo consiglia?

 

 

CLEPTOMANIA - La terza via è quella della cleptomania, ammettere di soffrire di quella patologia che ti porta ad appropriarti di ciò che non è tuo, comandato dallo stesso istinto che spinge un bulimico a tuffarsi sul cibo. Sarebbe però la soluzione peggiore, visto che, come afferma lo psichiatra Paolo Crepet «la cleptomania è un’ammissione di colpa e quindi è già una sentenza di condanna, se non altro sociale». Chi inviterebbe a cena un cleptomane? Chi lo vorrebbe in Parlamento a rappresentare gli italiani, che già godono di cattiva fama di furbastri? Peraltro, «la cleptomania normalmente non compare a settant’anni suonati, ma si manifesta fin da bambini, nasce per coprire un vuoto», spiega Crepet; che però precisa: «Non è sintomo di altri mali». O cleptomane o affetto da patologie senili, quindi... Al medico l’ardua sentenza. Al cronista la semplice segnalazione che i sintomi della cleptomania ci sono tutti: «Tendenza a reiterare il reato nello stesso luogo, come preda sempre il medesimo oggetto, rigorosamente di valore, quasi si trattasse di collezionismo, e l’esecuzione del furto come una sfida, agire con destrezza dopo un’occhiata intorno, perché il raggiro è il sale dell’azione» spiega Crepet.

Il fatto poi che Fassino, malgrado abbia esibito in Parlamento la propria busta paga da quasi cinquemila euro come fosse una cifra da reddito di cittadinanza, si possa permettere lo Chanel, sarebbe un ulteriore indizio di cleptomania. «Che, in quanto a patologia, è perfettamente compatibile con la carica di parlamentare», fa sapere un ex onorevole forzista espertissimo dei regolamenti delle Camere, che però chiede l’anonimato. «Solo la condanna definitiva può far cacciare Piero dal Parlamento» conclude clemente, spiegando che «io sono garantista e spero sia innocente; certo la vicenda è imbarazzante, anche se nell’emiciclo siamo abituati a ben altri reati».

ALLA SBARRA - E siamo alla quarta strada senza uscita: il processo, con i tempi eterni della giustizia italiana. In caso si concludesse con una condanna, porterebbe alla cacciata dell’ex segretario dem dal Parlamento. Spettacolo da scongiurare e che non si augurano neppure i suoi avversari di una vita. Si andrebbe incontro, prima della conclusione, a uno stillicidio mediatico-giudiziario, un accanimentopoco terapeutico ma abbastanza inevitabile, se Fassino continuerà a dichiararsi innocente.

Per venirne fuori, l’ex segretario si è affidato a un principe del foro sabaudo, l’avvocato Fulvio Gianaria, il quale se ne sta prudentemente zitto: «Non ci è arrivata ancora alcuna carta, non posso commentare», dice. Fate il vostro gioco, ma alla roulette di Fiumicino il rosso perde sempre. E con la parcella legale che dovrà saldare, probabilmente l’onorevole avrebbe potuto portarsi via tutto lo scaffale di profumi. Per l’intanto, l’odore che gli girà intorno non è di fiori primaverili. 

Dai blog