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Maurizio Landini è fuori dalla realtà ma il Pd continua a inseguirlo

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Delle due l’una. O Maurizio Landini è ipnotizzato dallo specchietto retrovisore e confonde il 2024 con il 1985, quando la Cgil straperse il referendum sulla scala mobile, certificando - in un colpo solo - l’invecchiamento del sindacato tradizionale, il suo perdersi in una foresta pietrificata antiriformista, e in ultima analisi la sua incapacità di guardare al di fuori del recinto di una quota irrimediabilmente minoritaria del mondo del lavoro. Oppure - seconda ipotesi - il capo del sindacato rosso è ben consapevole di tutto questo, ma sceglie lo stesso una linea di scontro frontale ideologico per purissime ragioni politiche: e cioè per abbracciare i grillini in vista delle politiche del 2027, per indurre il Pd all’ennesimo cedimento culturale, per imporre un ticket Conte-Landini con una Schlein fatalmente gregaria e con gli ex renziani costretti a lasciare idem o ad accettare l’ennesima umiliazione.

 

 

È naturalmente possibile anche il cumulo delle due ipotesi: e cioè che Landini vada dove lo porta il cuore (cioè all’indietro, fuori dalla realtà di oggi, verso un confuso massimalismo anticapitalista) ma anche dove lo porta il calcolo (e cioè verso un protagonismo politico minoritario che poco o nulla ha a che fare con le funzioni di un sindacato moderno, ma che gli servirà a egemonizzare una sinistra smarrita e senza prospettive). (...)

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