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Salone del libro vietato a Sgarbi perché candidato ma papà Salis fa lo spot alla figlia

Maurizio Zottarelli
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La letteratura e la cultura, è anche una questione di eleganza. Lo ha ricordato giovedì, in apertura del Salone di Torino la direttrice della kermesse, Annalena Benini, spiegando le ragioni per cui era stata cancellata la presentazione di Vittorio Sgarbi. L’ex sottosegretario alla Cultura avrebbe dovuto essere presente all’evento torinese con il suo libro su Michelangelo Stupore e paura, ma il suo intervento è stato cassato in ossequio alla par condicio, essendo il critico d’arte candidato alle Europee. «Seguiamo le regole della campagna elettorale», ha spiegato la Benini. «Quindi i politici candidati, mi sembra anche una questione di eleganza, non possono presentare i libri». Sgarbi, da parte sua, costretto a disertare l’appuntamento per la prima volta in trentasei anni, pur ritenendo «un segnale inquietante l’interpretazione restrittiva della par condicio estesa anche a occasioni non televisive» sebbene fosse stata concepita proprio per la tv, aveva dichiarato di essere stato «rassicurato dalla casa editrice che non si tratta di una censura personale, ma di una norma non scritta che prevede che chi è candidato alle elezioni in regime di par condicio non possa presentare un libro».

Il candidato Sgarbi, però, non sapeva che il giorno dopo sul palco del Salone sarebbe salito Roberto Salis, padre di Ilaria, l’insegnante italiana in carcere in Ungheria con l’accusa di aver partecipato all’aggressione di alcuni militanti di destra e candidata alle Europee con Alleanza Verdi-Sinistra. L’avesse saputo, probabilmente, le sue dichiarazioni sarebbero state assai meno concilianti. Si dirà: il padre, a differenza di Sgarbi, non è candidato. Sì, ma in questo momento l’attività principale del signor Salis è quella di portavoce della figlia candidata. La quale, essendo reclusa a Budapest, non può fare campagna elettorale, impegno che lo zelante genitore si è assunto di buon grado, come ha lui stesso spiegato un paio di settimane fa («Per Ilaria faccio qualsiasi cosa. Non sono politicamente alla sua altezza e lei sarebbe più in grado di me di fare campagna elettorale, però farò del mio meglio»).

 

C’è poi da dire che Sgarbi, oltre che un candidato alle Europee, è un notissimo critico d’arte invitato a parlare di un suo libro su Michelangelo. Il suo intervento avrebbe potuto, quindi, essere, di natura schiettamente culturale senza alcun riferimento alla politica. Il signor Salis, viceversa, non è noto per altra ragione se non quella di essere il “padre di Ilaria”. E infatti, al Salone del Libro di Torino si è presentato a un evento accompagnato dal deputato di Avs Marco Grimaldi e non ha parlato d’altro che della figlia candidata e di politica. Giusto a titolo di esempio ha spiegato che «la candidatura di mia figlia è una risposta politica a un problema politico, l'unico modo per rispondere a un sopruso politico». Per poi aggiungere che «Ilaria è contenta della candidatura. Ha sempre fatto politica da quando aveva 15 anni. Non sono mai riuscita a spuntarla con lei su cose politiche, bisogna stare attenti a sfidarla».

 

Ce ne sarebbe a sufficienza per sollevare quantomeno un problema di eleganza, oltre che di opportunità visto che qui non c’è di mezzo nemmeno l’ombra di un libro. Certo, una manifestazione letteraria è anche un luogo di confronto, non solo una mostra per l’arredamento delle librerie di casa. Ma questo, naturalmente, dovrebbe valere tanto per il signor Salis che per Sgarbi. Ancor di più e ancor prima, però, questo episodio descrive una curiosa concezione tanto della cultura che della politica. Non luoghi di idee, entrambi, e di confronto, diversi che possono concorrere allo sviluppo di una società libera; ma, quando fa comodo, campi separati e cintati, appunto come scomparti di libreria, retti da regole precise e asettiche; oppure, all’occorrenza, terreni di militanza e di battaglia dove regolare i conti con il nemico politico di turno. In questo caso, come in tanti altri, Sgarbi relegato in libreria, Salis nell’agone a difendere i confini della democrazia.

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