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Meloni-Le Pen, l'asse fa impazzire le compagne

Brunella Bolloli
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Lei, l’altra, l’Europa. Sintonie politiche pre-elettorali tra donne che qualcosa nei rispettivi Paesi hanno combinato, e si intenda il senso positivo del verbo: lo dicono i numeri, i consensi attorno ai partiti di cui sono leader, lo certificala stampa straniera e anche il timore che le due signore suscitano negli avversari, costretti a inseguire. Oddio, Giorgia Meloni al governo c’è: le elezioni del 25 settembre 2022 hanno assegnato alla sua creatura, Fratelli d’Italia, una vittoria da pronostico che ha segnato la prima volta di una donna a Palazzo Chigi.

L’altra, Marine Le Pen, per dieci anni presidente di Rassemblement National, al governo non è ancora approdata, ma non è detto non capiti, considerato che alle presidenziali la sua formazione di destra ha incassato il 41,46% dei voti e oggii sondaggi la danno in forte ascesa. Sarà per questo che Macron la teme come una minaccia al punto che Le Figaro lo descrive sotto assedio tra l’ultradestra e l’ultrasinistra, con il concreto rischio di un exploit dei lepenisti nelle urne (gli ultimi sondaggi per le Europee danno Rn al 33%). Morale: in caso di disfatta per l’inquilino dell’Eliseo sarebbe la dissolution, per Marion il trionfo.

Il potenziale asse tra le due donne leader della destra europea manda in tilt i compagni. In Italia le menti illuminate dei progressisti che vedono l’onda nera ovunque e sono pronte a immolarsi sulle desinenze al femminile (a proposito: finalmente c’è una presidenta in Messico, il Paese forse più maschilista al mondo), hanno già fatto sapere che Giorgia e Marine sono donne, sì, «ma ripescano stereotipi patriarcali e maschilisti».

 

 

 

SOLITI SLOGAN

Mirella Serri, ieri su Repubblica, ha messo insieme un po’ di tutto: la battaglia per il potere «tra la condottiera di Fdi e l’esponente di punta del partito nazionalista francese», con la voglia di «tagliare l’ambito di annidi lotte femministe». E poco importa, scrive la commentatrice, se entrambe nei comizi hanno fatto leva sui concetti di «donna, madre, cristiana», perfino «sorella e donna in politica in un mondo di uomini». Serri insiste sulla questione aborto, tema usato dal Pd in campagna elettorale con scarsa fortuna, e critica il pantheon di sinistra e femminista - da Olympe de Gouges, Simone de Beauvior e Elisabeth Badinterdi cui «Le Pen si appropria». Ne ha pure per la Meloni, che ha osato citare nel suo discorso di insediamento da premier esponenti non proprio di destra quali Nilde Iotti, Tina Anselmi e Rita Levi Montalcini.

Neppure parlare dei figli o della famiglia tradizionale è consentito alle esponenti conservatrici: «Per la destra europea il concetto di maternità è soprattutto un’arma», è la tesi delle femministe impegnate nelle marcette contro la società che sforna maschi orchi. Peccato, però, che gli slogan sbandierati nei cortei o le frecciate al capo di un governo a cui non importa come la chiamano (il premier, la premier, Giorgia o Meloni), si scontrino con la realtà dei numeri che assegna loro un peso politico prima inimmaginabile, anche alivello internazionale.

La settimana scorsa non è sfuggita agli addetti ai lavori la copertina con cui l’Economist, il settimanale britannico mai tenero con il centrodestra, ha stabilito che Meloni, Le Pen e Ursula von der Leyen, costituiscono il terzetto di donne che, piaccia o no, determinante per «dare forma all'Europa» del futuro. L’Economist ha voluto fare un endorsement alla candidatura dell’ex ministra della Difesa tedesca per un secondo mandato da presidente della Commissione Europea. Candidatura più facile con Meloni in veste di partner decisiva e se poi si aggiungesse anche la francese, che ha appena mollato Afd.... In verità, contro von der Leyen ci sono altri che congiurano e qui i sospetti cadono in particolare sul belga Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, molto attivo per smontare i piani di Ursula («non serve una Commissione politica», ha detto). Sarà un caso ma Michel proprio ieri ha chiamato Meloni.

 

 

 

MICHEL CONTRO URSULA

Anche il Financial Times ha messo in prima pagina Meloni e Le Pen. «Il modo in cui la premier italiana risponderà all’appello della francese potrebbe essere decisivo per il futuro dell’Europa» si legge in un lungo approfondimento. Il quotidiano della City analizza «basi ideologiche, inclusa la fede in un’Europa di stati nazionali piuttosto che in un’unione federale più strettamente integrata». Poi aggiunge: «Restano salve le differenze tra le due leader su temi fondamentali quali relazioni con la Nato, armi all’Ucraina, immigrazione e, soprattutto, sul tema se lavorare all’interno del sistema Ue e dei suoi leader tradizionali, o se combatterli». E l’altro giorno a Palazzo Chigi Meloni ha incontrato un’altra Le Pen, la nipote Marion Marechal, capolista alle europee del partito dell’estrema destra francese Reconquete. «Carissima Giorgia Meloni, il 9 giugno, insieme, sposteremo l’Europa a destra! Batteremo l’alleanza del centro e della sinistra al Parlamento europeo e inclineremo l’Europa a destra», ha postato su X la nipotina di Marine.

 

 

 

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