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Giorgetti, lo sfogo contro la Ue: "Prima ci escludete e poi volete il Mes?"

Sandro Iacometti
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Il messaggio è chiaro. Se non è "il Mes ve lo potete infilare in quel posto", poco ci manca. Nel contrasto al famigerato Fondo salva Stati Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti ritrovano la sintonia di un tempo. «Non serve all'Italia, è un'altra follia europea, non verrà mai ratificato. Se lo approvino loro se vogliono, perché a noi non ci serve», ha tuonato il leader della Lega.

Meno diretto, ma altrettanto efficace, il ministro dell’Economia: «Introdurre il tema della ratifica del Mes in questo momento», come accaduto giovedì a Lussemburgo tra i ministri dell'Eurozona, è come «buttare un po' di sale sulla ferita e quindi improprio». Dove la ferita, come ha chiarito il titolare di Via XX settembre, è il trattamento riservato all’Italia nei negoziati per le poltrone Ue, neanche invitata al tavolo malgrado sia l’unico Paese uscito dalle urne con la conferma netta del premier e della coalizione di governo.

 

 

Ma al di là della legittima rappresaglia del ministro per l’arroganza dei due leader di Francia e Germania, travolti entrambi dalla valanga elettorale, di voler ancora dare le carte al tavolo di Bruxelles come se nulla fosse, la posizione di Giorgetti, come è abitudine dell’uomo, è pragmatica. Da una parte c’è «il Parlamento italiano che non è nelle condizioni di approvare» il trattato rivisto e dall’altra c’è una ostilità da parte di molti Paesi Ue ad affrontare i tempi messi sul tavolo dal direttore del Mes, Pierre Gramegna, che «ha fatto delle riflessioni, recependo anche critiche che abbiamo sempre fatto, per cercare di cambiare il Meccanismo e portarlo verso un utilizzo, tipo un fondo sovrano europeo, ad esempio, sul tema della difesa, evitando che magari i singoli Stati nazionali si debbano indebitare o spendere a livello nazionale».

A Lussemburgo, però, vogliono prima la ratifica della riforma. Solo poi si potrà parlare di eventuali nuovi strumenti. «È evidente che se richiedono prima la ratifica», ha osservato il ministro, «diventa sostanzialmente impraticabile. Onestamente mi sembra che siamo ancora molto lontani dall'avere un impegno per rivedere le finalità del Mes, c'è un fronte molto consistente, il solito fronte molto consistente che già conosciamo sulle regole europee, che è assolutamente contrario a cambiare la natura del Mes, quindi sostanzialmente questa situazione è destinata nel breve a non cambiare, sicuramente».

 

 

Nessun equivoco, nessuna lettura tra le righe. Il Mes va messo nel cassetto. Almeno fino a quando non si scioglieranno gli altri nodi. Che non sono pochi. Oltre alla futura governance europea, infatti, c’è anche il ritorno del patto di stabilità, su cui Giorgetti, malgrado gli allarmi arrivati da più parti, continua ad essere ottimista. Per i verdetti definitivi bisognerà aspettare l’autunno, ma la discussione sulla traiettoria di rientro settennale parte però da subito, con l'invio già partito ieri delle indicazioni di Bruxelles. «Noi», ha detto il ministro, «abbiamo fatto le nostre simulazioni, quella bella, quella brutta, quella media, la speranza è stare tra le media e la bella».
Secondo i primi calcoli Giorgetti dovrà far quadrare i conti di una correzione di 10-12 miliardi l'anno - lo 0,5-0,6% del Pil - e una manovra che parte da 20 miliardi solo per rifinanziare le misure in essere quest'anno.

Le previsioni contenute nel Def di aprile stimavano già una traiettoria di rientro del Deficit dal 7,4% del 2023. In ogni caso, ha assicurato il leghista, «non ci saranno tagli alla Sanità, non l'abbiamo mai tagliata, abbiamo soltanto incrementato le dotazioni dei fondi». Invece, ha proseguito, «costruiremo il quadro di finanza pubblica tenendo presente che obiettivo è confermare la riduzione della decontribuzione per redditi medio-bassi, questo è prioritario, poi vengono le altre cose».

Quanto ai fondi per la difesa, «è un tema appunto, ne abbiamo parlato nel senso che le richieste internazionali sono molto significative. Si confermala bontà della posizione negoziale italiana sulla governance economica che ha sempre chiesto di considerare la difesa come fattore rilevante, e quindi da escludere, negli aggregati da limitare. Adesso si capisce quanto fosse corretta la posizione che abbiamo ottenuto».

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