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Genova, Venezia e Cagliari? Il centrodestra governa bene e arrivano le toghe rosse

Pietro Senaldi
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Da Genova a Venezia certo, l’offensiva delle Procure rosse per far cadere le roccaforti del buon governo del centrodestra con inchieste mirate, guarda caso partite in segreto anni fa ma fatte esplodere l’anno prima del voto in Regione. Risultato: Giovanni Toti ha già fatto sapere che rinuncerà a combattere per avere un terzo mandato e Luigi Brugnaro, sindaco della città lagunare, si ritroverà probabilmente con un rinvio a giudizio recapitatogli poco prima di scegliere se correre come candidato presidente del Veneto, dopo la chiusura dell’era di Luca Zaia.

Ma non bisogna dimenticare Cagliari, se si vogliono unire tutti i puntini della trama dell’assalto giudiziario al centrodestra. Il governatore uscente, il leader del Partito Sardo D’Azione, Christian Solinas, venne azzoppato nei suoi progetti di ricandidatura, sostenuti solo dalla Lega di Matteo Salvini, proprio da un’inchiesta, relativa a una casa che il politico avrebbe acquistato anche grazie ai soldi ricevuti dalla vendita di una sua proprietà a un imprenditore locale a un prezzo più alto del reale valore. Solinas fu accusato di corruzione e subì un sequestro di 350mila euro a pochi giorni dall’ufficializzazione delle liste. Naturalmente la sua candidatura sfumò, in attesa di un rinvio a giudizio che ancora deve arrivare, e il centrodestra fu costretto a presentare un pretendente dell’ultima ora, Paolo Truzzu, di Fratelli d’Italia, ai tempi sindaco di Cagliari, e andò incontro alla sconfitta.

 

 

Ora, dopo sette anni, a Venezia spunta l’inchiesta su Brugnaro, per un terreno edificabile di sua proprietà del quale si interessò nel 2017 un imprenditore cinese. Pagata 5 milioni nel 2005, l’area oggi ne varrebbe 15, ma i magistrati sospettano che sarebbe stata paventata una vendita a 150 milioni, in cambio di un allargamento dell’edificabilità della zona. Solo che tutti i beni del sindaco, proprio dal 2017, sono amministrati da un blind trust, un comitato che li gestisce autonomamente e senza obbligo di rendiconto, e che in tutto questo tempo non si è mai più parlato della compravendita dell’area né in Comune sono state avviate procedure per cambiarne la configurazione demaniale. Tutta una gran teoria del sospetto quindi, buona per mettere i bastoni tra le ruote ai progetti politici di un uomo che, da nove anni, fa il sindaco devolvendo in beneficienza il proprio stipendio e rinunciando perfino ai contributi.

 

 

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