Crosetto, la guerra e i piani farlocchi di Macron per Kiev

Per il ministro della Difesa Crosetto l’invio di un contingente Nato sarebbe un problema per i negoziati con Putin: "Così l’Ue si presenterebbe divisa"
di Mario Sechidomenica 18 maggio 2025
Crosetto, la guerra e i piani farlocchi di Macron per Kiev
4' di lettura

Emmanuel Macron non sopporta che l’Italia abbia un ruolo importante in Europa e nella relazione con gli Stati Uniti, è un problema di orgoglio, di grandeur che sfiora l’ossessione, al punto che Le President pur di mettere il dito nel naso a Giorgia Meloni si contraddice. L’altro ieri diceva che l’invio di truppe in Ucraina era escluso, peccato che Reuters il 10 maggio scorso ha ripreso i virgolettati di un’intervista di Macron a Le Parisien e sono chiari: «La chiave è avere le truppe in Ucraina».

La realtà è che i suoi istinti napoleonici si sono scontrati con i timori del cancelliere tedesco Merz che ha subito frenato il presidente francese pronto a tutto. Merz ieri a Palazzo Chigi, durante la conferenza stampa con Giorgia Meloni, ha escluso l’esistenza di un piano per l’invio di soldati a Kiev e così ha marcato la distanza da Parigi. Tutto questo avveniva mentre ero in Piemonte, ad Alba, con il ministro della Difesa Guido Crosetto. Durante la presentazione del suo libro “Storie di un ragazzo di provincia” gli ho chiesto: «Che cosa ha in testa Macron?».

Il ministro ha sorriso, ma non ha dribblato la domanda e ha spiegato con chiarezza che non solo un invio di truppe dei paesi Nato è complicato, ma sarebbe anche uno scoglio insuperabile nel negoziato con la Russia. «Così l’Europa si presenta divisa», ha spiegato Crosetto, mentre il nostro interesse nel confronto con Mosca è quello di stare uniti.

L’Italia non è una grande potenza militare, ma nel settore delle missioni di peace keeping siamo la nazione numero uno del mondo, dunque abbiamo l’esperienza per parlare, consigliare, separare ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Nessuno sa esattamente cosa pensa Putin, ma di sicuro sta continuando ad arruolare soldati, questo punto Crosetto lo considera uno spartiacque, perché se le intenzioni dell’uomo del Cremlino non si colgono dalle parole, allora parlano gli atti, conta quello che fa e non quello che dice.

Via via che andavo avanti nell’intervista al ministro, si faceva in me sempre più vivido lo scenario di un’Europa incapace di tenere ferma una linea politica e militare sull’Ucraina, ma Crosetto ha aggiunto anche altro, ha allargato lo scenario a all’America di Trump, alla Cina, all’India, all’Africa e messo sul piatto del dibattito la sfida dell’intelligenza artificiale, il consumo necessario di energia e acqua (energia per processare i dati, l’acqua per raffreddare i calcolatori) e la disperata ricerca delle terre rare, i minerali che servono per produrre i microchip, il motore dell’industria di oggi e domani. Con questa premessa, il risultato è che l’Europa dei “volenterosi” appare piccola piccola, mentre la crisi isterica delle sinistre sul nuovo corso della politica americana, sull’ascesa della destra, appare come il frignare di un bimbo a cui hanno levato il giocattolo. Il problema di Macron è che il suo ciclo politico è finito, quello di Merz è che non è ancora iniziato, quello di Starmer è che è già rovinato. L’Italia pur con tanti limiti ha un governo stabile. Non possiamo fare granché da soli, le dimensioni contano, ma di sicuro non possiamo neanche farci carico della zavorra politica di Parigi e dei suoi alleati. Il Centrodestra alla fine funziona, è l’unico governo conservatore d’Europa che ottiene risultati, il resto della mappa presenta una serie di esperimenti e alleanze fallimentari. Sulla guerra (e la pace, le due cose non sono scindibili) si misura una visione diversa del mondo: quella degli utopisti con la bandiera bianca (in alternativa c’è anche quella arcobaleno, il risultato non cambia) e quella dei realisti alla Crosetto. Il mondo del futuro prossimo probabilmente sarà dominato da tre attori, Trump, Putin, Xi Jinping, con una serie di figure emergenti, tra le quali spicca l’India di Narendra Modi.

In mezzo c’è la battaglia per trovare la fabbrica del futuro che, viste le risorse e le dimensioni necessarie per alimentare le economie sempre più energivore, sarà l’Africa. Cioè il gigantesco continente che s’affaccia di fronte alle coste italiane, a portata di occasioni oppure di invasione da parte di masse a cui hanno raccontato che la loro miseria è tutta colpa dell’Occidente. Nel giornalismo che si occupa di piccole trame di palazzo, retroscena inventati e inchieste che non cambiano assolutamente il nostro destino, tutto questo viene omesso, non ne sono sorpreso. Ma quello che conta nel nostro mestiere è ancora mettere in evidenza i paradossi, le contraddizioni, fare cronaca sui grandi temi e pescare qualche volta il jolly della notizia. Ne ho uno a portata di penna: il cancelliere Merz ha detto che “la Germania getta ponti”, bene è un’ottima notizia, dica allora al presidente francese Macron che deve smetterla di distruggerli.