Prima di condividere la mia valutazione sul libro appena uscito di Sara Lucaroni La destra e le donne (Compagnia editoriale Aliberti) è bene premettere che sono soddisfatta (e con me il gruppo di donne che ci hanno creduto) del fatto che si parli almeno della possibilità di un altro femminismo, stavolta visto da destra. Un punto di vista alternativo alla visione dominante del femminismo radicale o transfemminismo. Nel libro della giornalista Sara Lucaroni si vuol dare risposta anche a questa domanda: può esistere un femminismo di destra? La risposta è “no” ma tutto il modo in cui il testo viene costruito dall’autrice appare rispondente a logiche di propaganda più che di approfondimento. Si vorrebbe spiegare il punto di vista della destra sulle donne partendo da Mussolini per arrivare a Giorgia Meloni.
La parte su Mussolini ricalca la serie Sky sul Duce, erotomane e predatore sessuale. Nulla di nuovo né di originale. Ora, il limite di simile impostazione è quello di trascurare e ignorare del tutto gli studi sui modelli femminili del Ventennio, a cominciare dal “femminismo muliebre” di Teresa Labriola, e di non tener conto del fatto che la nazionalizzazione delle masse con l’avvento del fascismo incluse anche le donne che per la prima volta uscivano di casa non solo per recarsi a messa ma anche per fare sport o per recarsi alla sede dei fasci femminili o alle conferenze dell’Opera maternità e Infanzia.
FdI inchioda la sinistra con un video: "Ecco chi sono"
"Rancorosi e nervosi perché ogni loro pronostico è stato smentito dal Governo Meloni. Questa è...A tal proposito ci limitiamo a citare gli studi di Marina Addis Saba, di Maria Fraddosio e di Elisabetta Mondello. Va poi sottolineato che per rintracciare quale sia il punto di vista della destra sulla donna partire dagli amplessi del Duce significa mettere in relazione diretta fascismo e Fratelli d’Italia, ignorando la distanza di un secolo tra quel fenomeno storico finito nel 1945 e un partito politico, FdI che presenta caratteri di novità interessanti: la leader è una donna, l’organizzazione è in mano a un’altra donna, le donne di FdI dichiarano tutte di non seguire il modello del rivendicazionismo competitivo con i maschi e ritengono che il wokismo minacci la specificità femminile (esattamente ciò che pensano anche molte femministe), sono infine contrarie alle quote e molte di loro si ricollegano all’esperienza della rivista Eowyn che non era solo esaltazione per la fantasy tolkieniana ma che introduceva temi importanti su maternità, procreazione responsabile e lavoro femminile.
Quando l’autrice del libro si accosta al pensiero corrente del cosiddetto femminismo di destra, sintetizza i temi del convegno L’altro femminismo che si è tenuto a Roma nel novembre del 2024 in modo sloganistico, quasi caricaturale, senza alcuna volontà di approfondire: «Tesi e spunti: le donne di destra sono discriminate; nei manifesti transfemministi ci sono le donne con la peluria, una specie di sudditanza al patriarcato; la maternità era un potere della donna, adesso è stata svalutata con la tecnoscienza e la gestazione per altri; l’asterisco e lo schwa per la femminilità sono escludenti; uno dei motivi per cui la donna diventa vittima di violenza è che l’uomo ha perso la centralità». Per non dire dell’idea di riportare il parere di Paolo Mieli sulle donne di destra che sarebbero o “schiave” o troppo sicure del fatto loro.
I pareri raccolti nel libro si susseguono solo allo scopo di avvalorare la tesi, o meglio il pre-giudizio dell’autrice: il femminismo è esclusiva della sinistra, a destra le donne sono solo tacco alto, hairdressing e collana di perle, insomma uniformate al rampantismo. Non diverso l’obiettivo del florilegio di citazioni finali che concludono il testo: mostrare che la visione della donna a destra è retrograda, maschilista, sessista, autoritaria, patriarcale. Un’occasione sprecata, in definitiva, perché se ci si accosta a un tema convinti di una tesi da dimostrare a priori, ne viene fuori solo un pamphlet a uso delle curve anti-Meloni. Niente di più.