Anche dall'Emilia-Romagna boicottaggio anti-Israele

Invasione di campo del governatore De Pascale: "Interrompere ogni rapporto con il governo di Netanyahu". Tajani: "La politica estera la fa l’esecutivo"
di Daniele Dell'Orcodomenica 1 giugno 2025
Anche dall'Emilia-Romagna boicottaggio anti-Israele
3' di lettura

Anche la Regione Emilia-Romagna si scopre (anti)diplomatica e annuncia l’interruzione di ogni relazione istituzionale con il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu.

Una decisione che segue di pochi giorni quella analoga della Regione Puglia, col governatore Michele Emiliano che aveva invitato dirigenti e dipendenti regionali a cessare ogni rapporto con rappresentanti del governo israeliano, definendo quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza come un «genocidio di inermi palestinesi».
Il presidente Emiliano ha motivato la sua decisione con la necessità di condannare le azioni del governo di Benjamin Netanyahu, invitando a interrompere ogni rapporto con i suoi rappresentanti. Sulla scia di questa decisione, ieri l’emulo De Pascale in una lettera inviata ai membri della giunta e ai dirigenti dell'istituzione, ha spiegato la scelta «a fronte delle gravissime violenze in atto nella Striscia di Gaza che continuano a colpire duramente la popolazione civile, come dimostrano anche i drammatici eventi degli ultimi giorni a Rafah e in considerazione del procedimento avviato dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità».

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Il governatore chiede così che vengano interrotti «i rapporti anche con tutti i soggetti riconducibili al governo che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di porre fine al massacro in corso, fino a che il rispetto del diritto internazionale non venga ripristinato». Una decisione che metterà in pausa, almeno fino a quando la guerra andrà avanti, i numerosi progetti di cooperazione che la Regione porta avanti da anni con realtà israeliane. Entrambe le amministrazioni, insomma, provano a buttarla in politichese applicando dei distinguo parecchio complicati da capire.

Specificano che, essendo la loro posizione rivolta esclusivamente all'attuale governo israeliano, ciò non avrebbe nulla a che vedere col popolo israeliano in generale o con le comunità ebraiche presenti in Italia. È evidente però che queste prese di posizione finiscano per sollevare interrogativi intanto sulla reale attinenza tra le politiche locali e le materie di politica estera, e in secondo luogo sulle possibili ricadute pratiche che riguardano le comunità ebraiche che vivono nei loro territori (diverse centinaia in Emilia, dove risiede una delle più antiche comunità d'Europa; circa 50 famiglie invece in Puglia). Netanyahu però qualcuno l'avrà pur votato, e non è assolutamente scontato che tra i suoi sostenitori non ce ne siano anche alcuni residenti in Italia.

Dietro questa ipocrisia di base si nasconde l’evidente tentativo di mettere i bastoni tra le ruote al governo Meloni. Non è certo un caso, difatti, che le amministrazioni in questione siano due delle poche "rosse" rimaste. Già ad Emiliano, il vicepremier Antonio Tajani, titolare della Farnesina, aveva replicato sottolineando l’insensata invasione di campo: «La politica estera la fa il governo, non la fanno le regioni».

Lo stesso vale per De Pascale, che ha voluto precisare di essere «perfettamente consapevole» che la competenza in materia di spetti alla Farnesina. Epperò per qualche ragione ritiene «che una presa di posizione netta da parte delle istituzioni locali possa contribuire ad esercitare una pressione politica su un governo nazionale che, in Europa, si distingue per la sua prudenza – o inerzia – nel condannare le azioni dell’esecutivo israeliano».

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«Ognuno di noi – aggiunge ancora – è chiamato a fare tutto ciò che rientra nelle proprie possibilità, nel pieno rispetto delle norme e dei limiti imposti dalla Costituzione, per contribuire a fermare le violenze in atto. La nostra Regione ha sempre lavorato per sostenere la pace tra israeliani e palestinesi. Ha condannato senza esitazioni il massacro del 7 ottobre, le azioni terroristiche di Hamas e ha chiesto con fermezza la liberazione degli ostaggi. Allo stesso modo, in coerenza con i valori fondanti della Repubblica, si oppone con forza a ogni forma di antisemitismo, razzismo e discriminazione».

Nel caso in cui dovessero saltare progetti di cooperazione in vari campi, culturale, scientifico ed economico, tra realtà italiane e israeliane, come sarebbe possibile spiegare che, no, una frattura dettata dalla demagogia non abbia un evidente effetto discriminatorio?

In un contesto internazionale delicato, al contrario, sarebbe fondamentale che le istituzioni agissero nel rispetto delle proprie competenze e con la consapevolezza delle implicazioni delle proprie decisioni, evitando azioni che, seppur simboliche, possano compromettere il dialogo.