E ora c’è pure Fabio Ciciliano, attuale capo della Protezione civile e ai tempi dell’inferno covid segretario del famoso Comitato tecnico scientifico, a inguaiare i giallorossi sull’affaire mascherine: milioni di protezioni non idonee potrebbero aver invaso le corsie degli ospedali di tutta Italia, con conseguente danno economico miliardario. «Il Cts recepiva i pareri dell’Istituto superiore di sanità e dell’Inail, che erano basati su una valutazione documentale e non tecnica delle mascherine. E accertarsi della falsità di una valutazione documentale non era compito del Cts, che faceva attività di consulenza scientifica e tecnica», ha spiegato di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla pandemia fortemente voluta da Fratelli d’Italia. E ancora: «Certo è che se una mascherina era stata marchiata Ce in modo fraudolento quella è un’azione di carattere giudiziario più che tecnico». Ma facciamo un passo indietro.
Già a fine febbraio 2020, quando la bomba del covid scoppiò in Lombardia e ci fu un’immediata e disperata necessità di reperire dispositivi di protezione individuale, il governo Conte bis si rese subito conto che i fornitori non riuscivano a spedire il materiale - causa concorrenza - e decise per la prima volta di procedere col pagamento anticipato per le intere forniture. «Era un mercato di guerra», ha ricordato l’allora membro del Cts, spiegando anche che «i prezzi avevano una fluttuazione incredibile: le ffp2 e le loro analoghe arrivarono anche a 12-15 euro l’una».
Non solo: è capitato pure che «si siano siano anticipati dei soldi pubblici a fronte dei quali però non si è ottenuto l’approvvigionamento dei dispositivi». Insomma, un gran caos. Il Comitato individuò allora quattro gruppi di lavoro specifici «perché all’interno non c’erano figure tecniche», ha sottolineato Ciciliano. I gruppi si occupavano rispettivamente di protezione individuale (personale del Ministero e dell’Inail), di dispositivi medici (Iss ed esperti), tamponi (Ministero e Istituto Spallanzani) e disinfettanti (Iss e Ministero).
Funzionava così: a Protezione civile, Ministero e Invitalia (la centrale di committenza) toccava inviare le istanze alla struttura commissariale che prima le valutava e poi le trasmetteva al Cts. Quest’ultimo le assegnava poi ai diversi gruppi.. «Quelli facevano la loro valutazione e davano un parere che poteva essere non favorevole, e allora veniva inviato al Cts e poi alla struttura di Arcuri.
Se il parere era favorevole invece il Cts alla prima riunione successiva ratificava e metteva a verbale. Oppure i tavoli reputavano insufficiente la documentazione e l’istanza tornava al commissario», ha sottolineato l’ex segretario del Cts. Non risultano, però, denunce all’autorità giudiziaria da parte della struttura commissariale di Domenico Arcuri sulle tonnellate di mascherine arrivate dalla Cina. Anche nonostante gli alert rivolti dalle Dogane al governo. Ed è qui che si gioca la partita principale. Perché ben presto, stando a quanto messo a verbale da Ciciliano, le diverse competenze cominciarono a sovrapporsi. I produttori di mascherine «usavano direttamente i canali dell’Iss e dell’Inail» ma dato che «le persone che dovevano fare la validazione erano le stesse che stavano anche ai tavoli del Cts, per evitare duplicazioni e ritardi dal primo maggio (del 2020, ndr) il Cts poteva trasmettere direttamente sia a Inail che a Iss le istanze».
«A Ciciliano sono stati mostrati i verbali del Cts e note allegate in cui si evidenzia l’esito negativo dei controlli, in quanto i dispositivi sanitari erano privi di requisiti previsti dalle norme. Commesse di fornitura da centinaia di milioni di euro sarebbero state affidate, dunque, a misteriosi consorzi cinesi che importavano prodotti inadeguati all’esigenza di sicurezza sanitaria contingente. La realtà è impietosa: questi dispositivi farlocchi, anziché essere bloccati con tanto di segnalazione all’autorità giudiziaria, sarebbero finiti nelle corsie degli ospedali. Fatti gravi sui cui è doveroso fare chiarezza», hanno attaccato i parlamentari di Fratelli d’Italia membri della Commissione d’inchiesta. Immediata la replica dei colleghi del Pd: «Una continua mistificazione della realtà, bugie e falsità con l’unico obiettivo di riscrivere la storia». Alice Buonguerrieri, capogruppo di Fdi in Commissione, ha rilanciato: «Accerteremo, con lo stesso rigore con cui stiamo procedendo sulle importazioni delle mascherine, tutto ciò che riguarda anche i numerosi altri acquisti di merce effettuati durante la pandemia, fra cui gel, tute, respiratori, banchi a rotelle, app immuni, centri primule.
Stia serena la sinistra, andremo avanti su tutto».