Dopo la sconfitta al referendum, la sinistra italiana si butta sulle proteste che stanno infiammando gli Stati Uniti, a cominciare da Los Angeles, cercando di fare paragoni azzardati con l’Italia. E soprattutto cavalcando le manifestazioni in corso in America per dire che sì, in effetti, la cittadinanza facile agli stranieri non piace per nulla al popolo bue, epperò si tratta di una battaglia di civilità che, dunque, va perseguita a prescindere. È questo il senso delle dichiarazioni di alcuni dei più importanti rappresentanti della sinistra radicale nostrana.
Partiamo da Luca Casarini, il famigerato attivista veneziano, fondatore della ong Mediterranea, ora rinviato a giudizio (insieme ad altri membri dell’equipaggio della nave Mare Jonio) con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione illegale, aggravato dal trarne profitto, per un salvataggio di migranti nel settembre 2020. Sull’Unità, Casarini ha scritto un editoriale dal titolo inequivocabile: “Siamo pronti alla guerra civile?”. Nel commento, l’attivista sostiene che la sconfitta al referendum non è «l’apocalisse, innazitutto perché nell’apocalisse ci eravamo già prima». La causa? L’amministrazione Trump, ovviamente. Perché, prosegue Casarini, «le immagini di Los Angeles con i marines, mentre noi discutevamo di quorum, sono provvidenziali».
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Secondo lui, «la radicalità dello scontro in atto (forse tra civilizzati di sinistra e beceri ignoranti di destra, ndr) non viene meno, nonostante si abbia ancora la sensazione di poter utilizzare una matita per prendere decisioni collettive che incidono sulla nostra vita». Insomma, il referendum è una foglia di fico, perché la democrazia è finita, ma da mo’. «Una cosa» aggiunge Casarini «salta agli occhi»: che, se si fosse raggiunto il quorum, sul quesito sulla cittadinanza «avrebbe vinto il No». «E nel mentre» prosegue «scorrono ancora le immagini di Los Angeles». E questo perché, «dentro quel No espresso trasversalmente da destra a sinistra» attenzione, «c’è Losa Angeles».
A questo punto Casarini si chiede: «Siamo pronti alla guerra civile?». Mo’ me lo segno, direbbe Troisi. E poi il gran finale: «Se crediamo davvero che l’unico modo per affrontare la guerra civile imposta dall’alto è praticare il suo sabotaggio attraverso atti concreti, dal soccorso in mare alla protezione dei fuggiaschi che rischiano di finire in un lager, dalla costruzione di una accoglienza non autorizzata (...) allora facciamolo». Anzi, «continuiamo a farlo» «sentendoci minoranza come siamo, ma non per questo minoritari e passivi. Le maggioranze passive saranno quelle che la guerra civile la subiranno in maniera tremenda». Addirittura.
Ma oltre a Casarini, ieri è intervenuta anche Ilaria Salis. Col solito paragone con quello che avviene negli Usa, l’eurodeputata di Avs, con la passione per le case degli altri, ricorda le parole del ministro americano Kristi Noem: «Più che una città di immigrati, abbiamo a che fare con una città di criminali».
«Eccolo» scrive sui social Salis, «il solito discorso miserabile e manipolatorio che associa le persone razzializzate (Sic!) alla delinquenza, al fine di isolarle e renderle bersaglio d’odio e costruire un comodo capro espiatorio. Un discorso che non appartiene solo all’amministrazione Trump, ma che l’estrema destra italiana ed europea ripropone ogni giorno in modo sistematico, spalleggiata da media populisti e compiacenti». «Chi si indigna per le infami politiche di Trump» dice Salis, «non può voltarsi dall’altra parte di fronte a ciò che accade qui, in Italia e in Europa. I Cpr, le deportazioni e le discriminazioni sono già realtà ben concrete».
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Perché in Europa «l’estrema destra» vuole «intensificare le deportazioni e a realizzare il suo sogno suprematista di “remigrazione”». «Siamo in tempi difficili» scrive l’eurodeputata, «quando a un referendum sulla cittadinanza anche molti lavoratori votano No - e sappiamo di essere una minoranza». «Il loro incubo» prosegue «è la “sostituzione etnica”. La società per cui lottiamo è meticcia, solidale, aperta. Perché una società giusta o lo è per tutti, o non è. Fuck Ice, fan**lo la bianchezza! » è l’elegante conclusione di Salis. Sulla stessa linea Laura Boldrini. Partendo dalla repressione delle proteste negli Usa, la deputata dem ed ex presidente della Camera tira in ballo la premier: «Cos’ha da dire Giorgia Meloni sui metodi del suo amico Trump?». Poi Boldrini spara la bordata finale: «È a questo che punta anche lei partendo dal decreto sicurezza?».