Emilia Romagna, maxi ticket sanitario per tappare i buchi

di Simona Plettomartedì 1 luglio 2025
Emilia Romagna, maxi ticket sanitario per tappare i buchi
3' di lettura

In Emilia-Romagna il ticket si paga due volte: in farmacia e alle urne. La prima stangata arriva alla cassa, con 2,20 euro a scatola di farmaco; la seconda è politica e colpisce l’idea di un modello emiliano che scricchiola sotto il peso di bilanci fuori controllo, dirigenti lottizzati e una sanità che da vanto si è trasformata in fardello. Michele de Pascale, il nuovo governatore “di rottura”, ha scelto di alzare le tasse per coprire un buco da quasi 400 milioni, ma la Corte dei Conti lo gela: «Il disavanzo non è episodico, è strutturale». Cioè è sistemica.

E così a Palazzo Aldo Moro si risfodera la solita ricetta per ogni male: l’aumento. Aumenta così ancora l’Irap, cresce l’addizionale Irpef, sale il bollo auto e arrivano i nuovi ticket sanitari, quelli che colpiscono i cittadini già provati e le aziende già spremute. Ma se la terapia era impopolare, la diagnosi della Corte dei Conti è stata impietosa, mettendo in evidenza l’incapacità di far quadrare i conti. Nel 2024 il buco nella sanità regionale ha raggiunto quota 197 milioni di euro.



Un abisso scavato tra aziende ospedaliere e Ausl, che ha costretto la giunta a manovre d’emergenza per evitare il commissariamento. Ma il conto è salato e lo pagano i cittadini: 2,20 euro a confezione per i farmaci mutuabili, con un massimo di 4 euro a ricetta. La cifra può sembrare irrisoria, ma diventa pesante se, come osserva Pietro Vignali (consigliere regionale di Forza Italia), «ogni due giorni 45 emiliano-romagnoli su 100 acquistano un farmaco». «Quello di De Pascale sarà un vero e proprio maxi ticket- attacca - altro che misura temporanea. È un salasso da 35 milioni all’anno».

Le giustificazioni del presidente non mancano. «È una maggiore spesa, non uno squilibrio», ha detto con orgoglio dopo il via libera della Corte al rendiconto regionale. Ma la stessa Corte, per bocca del presidente della Sezione di controllo Marcovalerio Pozzato, ha messo nero su bianco la cruda verità: «Il disallineamento è strutturale. Mi auguro si riesca ad agire anche sul versante del risparmio, senza colpire i servizi essenziali». Ma intanto i conti sono fuori controllo. L’Ausl Romagna chiude il 2024 con un passivo di oltre 37 milioni di euro, Reggio Emilia con quasi 24, Ferrara con 22, Modena con 19. Tutti in rosso. E se il Fondo sanitario nazionale non è mai stato così alto-138 miliardi, come ricordano i parlamentari di centrodestra - la Regione preferisce piangere miseria e alzare le imposte.

Così aumentano ancora le tasse, cresce l’Irap (+ 0,3 punti dal 2026 per un gettito previsto di 100 milioni), sale l’addizionale Irpef per i redditi oltre 28.000 euro (altri 200 milioni), aumenta il bollo auto del 10% per 50 milioni stimati nel 2026 e, dulcis in fundo, arrivano nuovi ticket sanitari (50 milioni nel 2025 e 70 nel 2026. Ad ogni modo, il male sembra incurabile: nel 2024 il buco nella sanità ha raggiunto quota 194 milioni. Il rendiconto 2024 certifica un’impennata preoccupante: i residui passivi (cioè i debiti) superano i 6 miliardi, di cui 4 da pagare. I residui attivi (crediti da riscuotere) sono arrivati a 13 miliardi, con un fondo crediti inesigibili che ha superato i 500 milioni (+64 milioni in un anno). Nelle partecipate regionali, il costo del personale è salito del 27,8%.
Eppure De Pascale rivendicala scelta: «Avremmo potuto chiudere un terzo degli ospedali, tagliare il personale del 10%, ma non lo vogliamo fare. Vogliamo aumentare la spesa, non ridurla». Una coerenza che, però, si misura tutta sulle spalle dei contribuenti.

«Difendere l’aumento delle tasse senza affrontare gli sprechi significa far pagare ai cittadini l’incapacità di governare», accusa Marta Evangelisti, capogruppo FdI in Assemblea. A fare eco è il senatore Marco Lisei: «I conti in rosso, o forse meglio dire dei “rossi”, sono il risultato di una gestione ideologica». «Altro che eccellenza: la sanità emiliano-romagnola è diventata ostaggio di logiche clientelari», denuncia Priamo Bocchi (FdI). «Serve una seria riforma sanitaria, come diciamo da tempo». Nel 2019, in piena campagna elettorale, fu Bonaccini a rompere il tabù del ticket fisso sui farmaci. Oggi il suo successore alza l’asticella: un prelievo cinque volte più pesante rispetto al “superticket” di Vasco Errani. La differenza? Allora era uno stratagemma, oggi è una necessità dichiarata. «La sinistra sta solo cercando di coprire la propria mala gestione”, ribadisce Vignali.

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