Mancanza di un confronto all’interno del partito, pericolo di autarchia ed elitarismo e, in sostanza, una riluttanza a guardare fuori dallo spioncino della porta di casa propria. Sono accuse pesanti quelle che lancia al Pd Pina Picierno, vicepresidente dell’Europarlamento, intervistata dal quotidiano Domani. La Picierno scinde subito gli ambiti, europeo e nazionale, dove i livelli di dibattito hanno sfumature molto diverse. Come, ad esempio, sulla mozione di sfiducia contro von der Leyen sullo “Pfizergate” da votare il prossimo 10 Luglio: “Il dibattito è rispettoso delle diversità, almeno qui a Bruxelles. Meno a livello romano e nazionale. Sono sorpresa che a due settimane dalla richiesta di convocazione della direzione, e a un mese dalla sconfitta del referendum, non sia stata ancora convocata una direzione per discutere. È sbagliato. Anche deprimente, nel senso che mira a deprimere la vivacità del confronto. Non ci sono più luoghi dove potersi confrontare, ed è grave per un partito nato dall’incontro di culture politiche diverse che nel confronto hanno sempre trovato sintesi alte. Ci sono gli obblighi dello Statuto”.
Le accuse dell’europarlamentare piddina proseguono: “All’ultima direzione online, convocata solo sul bilancio, la senatrice Simona Malpezzi ha chiesto formalmente la convocazione di una direzione per discutere delle scelte fatte e della linea politica. Il Pd non può diventare un club ideologico dove si sta bene solo con chi la pensa allo stesso modo. Deve essere aperto, plurale. E invece noto un tentativo di evitare il confronto, come se chi la pensa diversamente fosse un problema”.
[[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43139613]]
Altra spaccatura tra Bruxelles e Roma è quella sulla fornitura d’armi all’Ucraina e sulla possibilità di usarle oltre confine: “Non si può chiedere a un aggredito di difendersi a mani legate. L’Ucraina deve poter colpire obiettivi militari e strategici in territorio russo che servono come base per le aggressioni. Il partito a Roma non la pensa così, invece il mio gruppo politico a Bruxelles la pensa così in maniera maggioritaria e larga. Nel Pd c’è un dibattito e so bene che la posizione maggioritaria è diversa. Pesa il condizionamento di certa propaganda e disinformazione, ma le classi dirigenti hanno la responsabilità di spiegare, e dirigere. Confondere il pacifismo con la neutralità è un’operazione di comodo. Difendere la pace significa difendere e aiutare gli aggrediti”.
La Picierno chiede un Pd più eterogeneo e aperto a più correnti: “La mia battaglia per ricostruire un partito plurale e rispettoso delle differenze non è solo per la possibilità di avere, da riformista, cittadinanza nel mio partito, riguarda la natura stessa del Pd. Se ci arrendiamo all’idea del club ideologico, smarriamo la funzione per cui siamo nati nel 2008. E quello che nascerà fuori rischia di assomigliare proprio al Pd delle origini. Sto facendo un tentativo di spiegarlo chiaro, con spirito collaborativo. Ma le cose che dico sui giornali vorrei dirle in una riunione di partito. Anche più liberamente”.
[[ge:kolumbus:liberoquotidiano:43111466]]
La richiesta dell’europarlamentare è chiara, urge un congresso del Pd: “Se qualcuno lo vuole per rafforzare la sua leadership, lo dica chiaro. Per me è necessario un appuntamento programmatico aperto. Per decidere una volta per tutte la natura, il perimetro e la proposta di governo per il paese. Se siamo tornati nella casa che fu dei Progressisti nel ‘94, bisogna dirlo. È un fatto che il Pd non può rappresentare tutte le culture politiche di un centrosinistra ampio. Che nascano altre tende non è un bene per la coalizione? Sì, abbiamo bisogno di una gamba riformista, non genericamente centrista, o cattolica o moderata. L’esatto contrario. Abbiamo bisogno di una radicale novità programmatica per il paese. Se sarà dentro o fuori il Pd dipenderà da chi guida oggi il Pd, e se crede che il Pd debba essere la copia allargata di Avs o no. Se la valutazione è che il campo è troppo stretto, non si può cercare di allargarlo con la stessa offerta elettorale che già c’è dentro, pescando una leadership casuale. Chi riduce il riformismo a un’opzione collaterale a un’alleanza elettorale, come fa Renzi, è responsabile della sconfitta del riformismo. E sembra quasi che il suo fallimento corrisponda all’estinzione di una specie. Non è così, consiglierei meno narcisismo”, conclude Picierno.