L’inchiesta sul deputato del Pd Laus fa tremare la giunta di Torino

di Pietro Senaldimercoledì 23 luglio 2025
L’inchiesta sul deputato del Pd Laus fa tremare la giunta di Torino
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C’è un’altra inchiesta che travolge il Pd in questi giorni, oltre quella milanese che vede indagato il sindaco del capoluogo lombardo, Beppe Sala. Si sta sviluppando a Torino e, anche se ha minor risalto mediatico, colpisce diritto al cuore dell’amministrazione dem piemontese. I pm sabaudi, a differenza di quelli agli ordini del procuratore Marcello Viola, non mettono sotto accusa il sistema di sviluppo della città, che estromette i poveri nativi per accogliere i ricchi stranieri. I magistrati piemontesi puntano l’uomo e il suo sistema di potere personale, realizzato con la collaborazione di autorevoli esponenti del partito, che garantisce all’interessato lauti guadagni e ritorno elettorale.

Stiamo parlando dell’indagine che vede accusati il parlamentare del Pd Mauro Laus, socio e signore della Rear, società cooperativa fornitrice di servizi pubblici, i suoi collaboratori, Domenico Carretta e Maria Grazia Grippo, rispettivamente assessore allo Sport di Torino e presidente del Consiglio Comunale, e altre cinque persone, tra cui i figli, la moglie e la cognata dell’esponente dem. Truffa aggravata, malversazione, infedeltà patrimoniale: l’impianto accusatorio è variegato, la sostanza sta nella contestazione di aver dirottato fondi pubblici verso interessi privati. In pratica, Laus avrebbe messo in conto alla Rear l’affitto della casa della madre, dell’appartamento che usava a Roma e di un alloggio per le vacanze, sul Lago di Garda.

Poi avrebbe fatto figurare al lavoro, e pagava, se stesso, i figli e i collaboratori anche quando lui era in Parlamento, i secondi erano all’università e i terzi in consiglio comunale, per un totale di diverse centinaia di giornate. Infine ci sarebbe un giallo su come sono stati utilizzati e dove sono finiti tre milioni ottenuti nel 2021 per l’emergenza Covid.

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COINCIDENZE

Accuse toste e ingarbugliate. In attesa di chiarimenti penali, quello che al momento è più trasparente è il quadro politico, che presenta una serie di fantastiche coincidenze. Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, che vede terremotato il proprio partito in città, si affretta a dire che l’inchiesta non c’entra con la politica, riguarda un’impresa. Tesi ardita, visto il profilo degli indagati. Laus, gran portatore di voti grazie ai suoi 1.400 dipendenti e agli affari che la Rear veicola, si impegnò in maniera decisiva nel 2021 a fianco del futuro sindaco nelle primarie del centrosinistra, che l’interessato vinse con solo trecento voti di scarto su Francesco Tresso, il candidato civico che piaceva a M5S e Avs e alla parte non riformista dei dem, quella che ha poi sostenuto Elly Schlein nella corsa alla segreteria. L’altro che si spese molto per Lo Russo fu l’ex consigliere regionale e capogruppo dei dem Raffaele Gallo, 4.500 presenze nel 2019, di cui la metà nella sola Torino. Un altro riformista dem toccato dalla Procura e di fatto costretto a non ricandidarsi dopo l’inchiesta che un anno fa colpì suo padre Salvatore, 84 anni, dirigente dem accusato di peculato e corruzione elettorale nello scandalo Sitalfa, la società che gestisce l’autostrada Torino-Bardonecchia.

Laus non si è dimesso e pare intenzionato a difendersi, ma è un fatto che l’inchiesta su Rear mina la seconda colonna del consenso del sindaco, che forse non a caso si sta spostando sempre più a sinistra, da riformista ad aspirante apostolo di Elly Schlein. La sorte infatti vuole che a Torino, un po’ come a Milano, le inchieste della Procura mettano sotto accusa la parte moderata del Pd, lasciano il campo libero a quella più estremista. La conquista del partito che Elly non riesce a fare politicamente potrebbe esserle possibile grazie a un provvidenziale incrocio giudiziario.

Altri attenti osservatori della realtà torinese, che pure non hanno mai avuto simpatia per Laus e considerano spregiudicato il suo modo di far politica, fanno notare come i suoi guai sono successivi all’ottenimento da parte della Rear del servizio di biglietteria e accoglienza del Parco Archeologico del Colosseo. L’appalto ha segnato la fine della gestione monopolistica del servizio da parte di CoopCulture, durata oltre 25 anni, contro la quale il centrodestra si è scagliato ripetutamente, con diverse interrogazioni parlamentari al dem Dario Franceschini, a lungo ministro della Cultura, che denunciavano la penalizzazione di operatori turistici e cittadini. Sempre gli stessi osservatori ricordano che CoopColture è stata poi sanzionata per venti milioni per pratiche anti-concorrenziali e che Franceschini, dopo diverse proroghe, iniziò a lavorare alla prima gara pubblica solo nel 2021-22.

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RIPOSIZIONAMENTO

In ogni caso, Laus, un gran mestierante della politica più che un idealista, negli ultimi tempi forse aveva intuito che sarebbe stato conveniente per lui un riposizionamento. Portato in Parlamento dal Pd di Matteo Renzi, nel 2018, al recente referendum sul lavoro si era schierato ufficialmente contro il Job’s Act, sposando tutte le posizioni della Nazarena, in difformità a molti suoi compagni di corrente. Dice molto del personaggio anche il fatto che sia tra i firmatari del progetto di legge per l’introduzione del salario minimo a nove euro, una delle battaglie identitarie della segretaria. Tutti infatti in Piemonte si ricordano di quando, nel 2012, il regista britannico Ken Loach rinunciò al Gran Premio alla carriera del Festival del Cinema di Torino per protestare contro le condizioni dei lavoratori coinvolti nell’organizzazione della manifestazione, pagati cinque euro lordi all’ora. «Sarei un ipocrita», disse l’artista, fortemente impegnato politicamente nella denuncia dello sfruttamento sociale, «se accettassi un riconoscimento, limitandomi a qualche commento critico». Per la cronaca, i lavoratori a cui si riferiva il regista erano gli addetti della Rear, che riservarono una standing ovation a Loach, quando successivamente andò a Torino a incontrarli. Sarà forse per questo che, dalla vicepresidente del Pd, Chiara Gribaudo, in giù, nessuno si è speso in difesa di Laus tra i dem vicini alla Nazarena. Si ha la sensazione che i ravvedimenti tardivi non commuovano Schlein e lascino giustamente indifferenti i magistrati.

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