«C’è un’aria strana», cantava Giorgio Gaber ne L’attesa. Ed è un po’ quella che si respira in queste ore a Milano, travolta dalla maxi inchiesta sull’urbanistica che vede 74 indagati, tra cui anche il sindaco del capoluogo lombardo, Giuseppe Sala. All’indomani della resa dei conti andata in scena lunedì pomeriggio nell’aula consiliare di Palazzo Marino, il primo cittadino è tornato ai suoi impegni istituzionali. In particolare, Mr. Expo è intervenuto all’inaugurazione dello spazio Smart City Lab dove, fermandosi a parlare con i giornalisti, ha ostentato una certa sicurezza, come se quanto accaduto in questi giorni fosse già alle spalle. Insomma, una brutta vicenda da archiviare al più presto.
Certo, Sala – che prima di diventare sindaco è stato un uomo d’affari – sa bene che la prima regola, in questi casi, è salvare le apparenze. Senza se e senza ma. Come nel caso del nodo San Siro. Nonostante abbia ceduto al pressing della sua maggioranza sul dossier, che ha subito un nuovo rinvio con la presentazione della delibera posticipata a settembre, nella sua prima uscita pubblica dopo il terremoto giudiziario legato all’urbanistica, Sala ha voluto rassicurare tutti definendo il rapporto con il Pd «solido». E ha aggiunto che tale rimarrà «se nessuna delle due parti penserà di poter cambiare le regole di ingaggio che abbiamo sempre avuto».
Parole che suonano come un monito, a sottolineare che è ancora lui a tenere saldamente in mano le chiavi di Palazzo Marino. Insomma, Sala sembra aver compreso che, per mantenere la poltrona più alta del parlamentino milanese e riconquistare la fiducia dei suoi, dovrà rispettare le regole del cambio di registro dettato – anzi, imposto – dai dem. «È evidente che bisogna parlarsi, ascoltarsi ed è evidente che io a volte taglio un po' le curve, vado in fretta, ma d’altro canto penso che la mia indipendenza sia stata un valore per tutti e dovrà continuare a essere così», ha aggiunto Sala. Quanto alle voci critiche della maggioranza, soprattutto sulla vicenda di San Siro «derivano dalla componente verde, lo sappiamo, è sempre un po' stato così», ha minimizzato ancora una volta il sindaco.
«Per il resto mi pare invece che questa situazione possa portare anche a un rafforzamento della coesione della maggioranza». Al centro delle polemiche c’è anche la decisione del sindaco di affidare le deleghe all’urbanistica alla vicesindaca Anna Scavuzzo, in attesa di trovare la figura giusta.
L’attesa, però, in questi casi potrebbe far perdere la pazienza ai milanesi, che sembrano sempre più stanchi di questo pressappochismo. «Non voglio prendere una decisione con un’urgenza che potrebbe portarci a fare riflessioni sbagliate – ha spiegato il sindaco Beppe Sala –. Voglio pensarci bene». In casi come questi, sarebbe meglio però spingere sull’acceleratore, vista la paralisi in cui versa la città, con oltre 150 cantieri bloccati e 4.500 famiglie in cerca di risposte. Del resto, quella di assessore all’Urbanistica, in una città come Milano, è una delle figure più delicate da ricoprire. E nel caos in cui versa il partito, prendere decisioni oggi appare ancora più difficile...Soprattutto quando non si hanno le idee chiare.
Ma, come ricordato dalla capogruppo Consiglio comunale, Beatrice Uguccioni, serve un vero passo in avanti su tutti i fronti: «Magari tornando ad ascoltarci un po’ più tra noi e ascoltando ancora di più i cittadini». D’altronde, come ammesso da lei stessa, sono tante le politiche che oggi «faticano a rispondere alle esigenze dei milanesi». E a ribadire ancora una volta il concetto è stato il segretario milanese Alessandro Capelli: «L’autonomia del sindaco è un valore, ma riteniamo fondamentale, nelle regole di ingaggio che ci siamo dati, un maggiore coinvolgimento dei partiti della coalizione e, soprattutto, segnali concreti di cambiamento su alcuni aspetti della città».
A giudicare negativamente l’operato di Sala è stato anche Angelo Bonelli, leader dei Verdi, per cui le politiche urbanistiche portate avanti in questi anni «hanno generato un processo che non esito a definire gentrificazione». Il riferimento è alla trasformazione di interi quartieri popolari e operai in aree ad alta rendita immobiliare, «con l’effetto che le classi medie e lavoratrici sono state spinte sempre più ai margini della città, verso la periferia della periferia», ha tuonato il Verde evidenziando come di “progressista” nelle scelte di Sala ci sia ben poco. «Serve un nuovo modello urbanistico, che metta al centro la riqualificazione sociale e ambientale delle periferie».
E come scriveva Gaber, restiamo in attesa, «senza sapere se sarà il momento della sua fine» o «di un neo rinascimento», anche se su queste basi è facile intuire quale sia la risposta...