Mentre Elly Schlein para i colpi delle inchieste contro i dem e quelli bassi dei suoi alleati, un fiume carsico si ingrossa sotto i suoi piedi. È quello dei potenziali candidati premier del campo largo, nomi che in questa estate affollano non solo i retroscena, ma anche le chat del centrosinistra. La premessa, ufficialmente indicibile, ma sdoganata nei ragionamenti che si fanno nel centrosinistra, è che «Elly non può andare a Palazzo Chigi». Non può per la postura scelta in politica estera, per un radicalismo che in molti considerano non affidabile. Ma non può anche per un altro motivo: Giuseppe Conte, che non ha mai rinunciato all’ambizione di tornare a Palazzo Chigi, non accetterà mai di indicarla come candidato premier. La questione potrebbe essere risolta come nel centrodestra: va a Palazzo Chigi il leader del partito che prende più voti. Ma nessuno nel centrosinistra, finora, ha mai proposto questa soluzione. Si aggiunge un altro problema: se il centrodestra cambia la legge elettorale, come probabile, una delle modifiche sarà proprio quella dell’obbligo di indicare il candidato premier prima del voto. A questo punto il nodo irrisolto del centrosinistra si manifesterà. E andrà sciolto per forza.
Conte, retroscena clamoroso: chi vuole mandare a Palazzo Chigi
Elly Schlein continua a sostenere di voler sostituire Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Ma non ha fatto i conti con il par...Il problema è che Conte non accetterà mai di indicare Schlein. E viceversa. A quel punto si dovrà cercare un “terzo”. Comincia qui il moltiplicarsi di possibili candidati premier che sta movimentando l’estate a sinistra. Il primo della lista, quello che al momento ha più chance, è Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, ex rettore dell’Università Federico II. Manfredi ha un doppio vantaggio: ha un ottimo rapporto con Elly Schlein, che ha puntato su di lui per ridurre il potere di Vincenzo De Luca, e lo ha anche con Giuseppe Conte, di cui è stato ministro nel Conte 2. Ed è stimato anche da Matteo Renzi e Carlo Calenda. Ha un profilo di sinistra, ma parla anche ai moderati. In più, Schlein non lo vive come un avversario, diversamente da Paolo Gentiloni. Un altro nome che gira insistentemente ormai da mesi è quello del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Tra il Giubileo e i lavori fatti grazie al Pnrr, Gualtieri sta costruendo un consenso forte nella Capitale. Anche grazie a un’azzeccata campagna sui social, è diventato il sindaco-operaio che, cappellino in testa, ogni giorno fa il punto su un nuovo cantiere.
IL RUOLO DEI RIFORMISTI
Peraltro Gualtieri, pur essendo sostenuto da un’area di sinistra (Bettini, Ricci, Mancini), piace anche ai riformisti. Ed ha uno standing molto alto, potendo vantare l’esperienza da commissario europeo, oltre che da ministro dell’Economia. Ruolo ricoperto durante il Conte 2, cosa che lo rende accettabile anche dal M5S. Nella carrellata di quanti aspirano a scippare a Schlein il ruolo di candidato premier c’è, poi, una donna: Silvia Salis. Forse il profilo più insidioso per Schlein. Neo-sindaca di Genova, ex atleta olimpionica, riformista, è donna, per cui è perfetta per sfidare un’altra donna, Giorgia Meloni. È civica, per cui, nessun partito del campo largo può rivendicarla come “sua”, irritando gli altri. Sarebbe, come Manfredi, una scelta “terza”. Che non avvantaggia nessuno. E piace moltissimo anche a Renzi (la invitò alla Leopolda e ha scelto non a caso Genova per fare l’ultima assemblea nazionale di IV), così come a Calenda.
Nell’elenco non può mancare Paolo Gentiloni, ex premier di un governo di centrosinistra, ex ministro degli Esteri nel governo Renzi, ex commissario Ue. Senza dubbio è il dirigente dem con uno standing più alto. In passato si è parlato di lui come federatore del centrosinistra. Il problema è che, negli ultimi tempi, il rapporto tra lui e Schlein si è un po’ raffreddato. Colpa delle posizioni molto riformiste di Gentiloni in politica estera ed economica, oltre che del timore che l’ex premier diventi un pericolo per la sua leadership nel Pd. Motivo per cui le sue chance, rispetto a un anno fa, sono un po’ calate. Ma non è detto che, se la situazione lo impone, non torni in campo, godendo peraltro anche di un sostegno del Quirinale.
GRADITO AL PROFESSORE
C’è poi Ernesto Ruffini, ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, vicinissimo a Romano Prodi, sostenuto da importanti settori dell’associazionismo cattolico e delle gerarchie vaticane. Coi suoi comitati Più Uno sta provando a riunire i cattolici del centrosinistra da mesi, girando in largo e in lungo l’Italia. Sarebbe il nuovo Prodi. Infine, last but not least, Antonio Decaro, ex sindaco di Bari, europarlamentare eletto con ben oltre 490mila preferenze, una valanga di voti. In realtà, tra idem, si parla di Decaro come possibile sfidante, quando si farà il congresso, alla segreteria dem. A lui guardano i riformisti, l’ex area Bonaccini. Empatico, moderato ma di sinistra, capace di dialogo (si è visto da presidente Anci), è il jolly degli anti-schleiniani. Ma potrebbe aggiungersi nelle carte per Palazzo Chigi. Peraltro è pugliese come Conte. Il che aiuta. Elly è avvertita (ma del resto, lo sa benissimo).