Pd, anche Matteo Lepore nel mirino dei pm: clamoroso a Bologna

di Andrea Muzzolondomenica 10 agosto 2025
Pd, anche Matteo Lepore nel mirino dei pm: clamoroso a Bologna

3' di lettura

Se Sala piange, Lepore non ride. E ad essere preoccupati non sono solo i due sindaci, ma è tutto il centrosinistra. O quasi. L’apparato giudiziario, da sempre tanto esaltato da quelle parti, ora rischia di mandare in crisi il famigerato “modello Pd”, i tanto sbandierati successi amministrativi che dovrebbero dimostrare la validità delle ricette dem. A sabotare la narrazione di Schlein e compagni ci stanno pensando però i pm, spalleggiati da quel mondo di estrema sinistra composto da ecotalebani e professionisti del “no” a qualsiasi cosa.

Gli effetti della maxi inchiesta sulle concessioni urbanistiche di Milano rischiano infatti di non fermarsi ai confini del capoluogo lombardo. Il clamore sollevato dai pm meneghini ha attirato l’attenzione: in giro per l’Italia, toghe e attivisti rossi sono già sul piede di guerra, pronti con nuovi procedimenti per scardinare il modello urbanistico che ha permesso l’espansione di tante grandi città. Dopo Beppe Sala, il nuovo bersaglio sembra essere Matteo Lepore, primo cittadino di Bologna dove è stato aperto un fascicolo su 13 operazioni edilizie ritenute “sospette”.

Bologna, altra bomba sul Pd: maxi-incarico illegittimo agli architetti

Faro della Corte dei Conti sul Comune di Bologna. Nel mirino una consulenza esterna mascherata da appalto di servizi. Pe...

IL FASCICOLO
A scatenare i giudici contro la giunta Lepore è stato un esposto presentato in procura da sette comitati di cittadini e ambientalisti (guidati da un ex consigliere del Pd) che hanno messo nel mirino 13 palazzi costruiti fuori dalla cerchia del centro storico. I magistrati bolognesi, in seguito all’azione dei comitati, hanno aperto un fascicolo conoscitivo, interrogando il Comune circa le contestazioni mosse sulle nuove costruzioni.

Fin dal primo momento, la giunta dem ha rispedito al mittente ogni accostamento con l’inchiesta che sta facendo cadere una testa dopo l’altra all’interno dell’amministrazione di Milano. Ma quanto emerge è che anche nel capoluogo emiliano non sono mancati i casi in cui i costruttori, pur dovendo edificare palazzi con altezze molto superiori agli edifici originali, abbiano fatto ricorso a una banale Scia. Esattamente come a Milano.

Va ricordato che la Scia (Segnalazione certificata inizio attività edilizia) non comporta l’emissione di alcuna autorizzazione da parte del Comune, velocizzando l’avvio dei cantieri; ma va anche detto che è si tratta di uno strumento pensato per interventi di manutenzione straordinaria o, comunque, per lavori che non vadano ad incidere sui parametri urbanistici e sulle volumetrie.

I comitati contestano anche la mancanza di opere accessorie, come parcheggi, aree verdi e servizi per i cittadini, a carico delle società costruttrici. La Scia, così come il permesso a costruire, prevedono che questi standard urbanistici siano decisi caso per caso; discorso differente vale per il piano particolareggiato con cui scatta l’obbligatorietà. Sulle 13 torri bolognesi, è emerso che in due casi è stata utilizzata la Scia, in otto permessi a costruire e in tre Pru o Poc, piani comunali previsti dalla legge emiliana assimilabili ai piani particolareggiati. In sostanza, quindi, il Comune avrebbe dato il via libera a ben 10 opere sfruttando percorsi semplificati.

Strage di Bologna, Bolognesi gela la Bernini: attacco al governo in piazza

Ore 10.25: 45 anni dopo, la Strage di Bologna è ancora fonte di polemiche politiche. Nel giorno della commemorazi...

LA DIFESA
Il sindaco Lepore, temendo una tempesta giudiziaria come quella abbattutasi sulla Madonnina, ha cercato di smarcarsi dal paragone con Milano. In particolare, il Comune di Bologna insiste sulla differente legge regionale che governa l’urbanistica in Emilia Romagna, motivo per cui il paragone con l’altra inchiesta risulterebbe «improprio». Da Palazzo D’Accursio hanno inoltre spiegato che la possibilità di non realizzare standard urbanistici «è normata dalle leggi regionali 20/2000 e 24/2017 e dai piani urbanistici del Comune». Insomma, tutto sarebbe stato fatto in piena regola.

Per ora nel fascicolo della procura non sono presenti né indagati né ipotesi di reato, ma sui giornali è già partita la corsa a demonizzare lo sviluppo urbanistico. A guidare la rivolta è il Fatto Quotidiano che sulle sue colonne ha messo in fila altre analogie che legherebbero Milano a Bologna, inchiodando quindi anche Lepore dopo Sala. A imbarazzare la giunta, specie alla luce di quanto sostenuto dai pm meneghini circa il rapporto fra amministrazione Sala e imprenditori, sarebbero le firme apposte sui progetti sotto osservazione. Su 13 costruzioni, ben 7 sono state progettate dallo stesso architetto. E, sempre parlando di parallelismi, a impensierire i dem ci sarebbe anche lo scarso ricambio all’interno alla Commissione per la Qualità architettonica e del paesaggio (l’equivalente in salsa bolognese della Commissione Paesaggio guidata da Giuseppe Marinoni nel capoluogo lombardo). Un nuovo caso Milano potrebbe essere alle porte, ma il rischio è che l’offensiva dei pm non si fermi alla sola Bologna...