Giuseppe Conte è il vero vincitore della faida dentro il Pd

domenica 24 agosto 2025
Giuseppe Conte è il vero vincitore della faida dentro il Pd

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INCHIESTA/3: TORNA IL GRILLISMO
PIETRO SENALDI
Terza puntata dell’inchiesta sul ritorno del “grillismo”: le sciagurate ricette che M5S aveva proposto all’epoca del governo giallorosso, dal reddito di cittadinanza ai bonus a pioggia, sono state reinserite nei programmi delle Regionali.
■ Agosto in Puglia è il mese della Taranta, il ballo sfrenato dai gesti imprevedibili che si inscena per scacciare gli effetti del morso dello scorpione, causa di malesseri fisici e psichici. Ieri notte, a Merpignano, nel cuore del Salento, si è svolto l’evento conclusivo della manifestazione, ma non ha placato le convulsioni del campo largo nel tacco d’Italia.
Personalismi, faide di partito e di coalizione e scontri sui problemi principali della regione si mischiano e confondono il quadro, reso plumbeo dai fumi e dal futuro incerto dell’acciaieria di Taranto. Che ne sarà dell’Ilva? Cosa fare degli ulivi ancora aggrediti dalla xylella? Raddoppiare il Tap o schiacciare il pedale del freno sullo sviluppo del gasdotto? Quanto dev’essere stringente il codice etico da imporre a eletti e amministratori, dopo la catena di sismi sulla Regione provocata dalla Procura negli ultimi anni? Infine: a chi dare in mano le chiavi dell’azienda dei trasporti e della sanità, territori degli scandali maggiori? In sintesi: come far finta che tutto cambi per continuare invece imperterriti sulla strada segnata dal decennio di Michele Emiliano?
Il guaio è che il maestro concertatore David Krakauer ieri a Melpignano ha chiuso la propria esperienza e in regia ora resta solo il pugliese per antonomasia, che non è l’europarlamentare barese dem, Antonio Decaro, bensì il leader foggiano di M5S, Giuseppe Conte. Quindi si va avanti a ballare, la Taranta durerà almeno fino al 5 settembre, quando alla festa dell’Unità è attesa Elly Schlein, e sarebbe imbarazzante per tutti che la segretaria scendesse nel Tavoliere senza poter apparire al fianco di un candidato alla presidenza ufficiale e definitivo.
Il candidato in realtà ci sarebbe, da un pezzo. È l’ex sindaco di Bari, Decaro, ma equilibri incrociati e nodi da sciogliere che vedremo lo trattengono e fanno sì che ai suoi occhi gli sia impossibile al momento garantire a tutti che sarà lui a correre. Questo non esclude però che si stiano già stringendo accordi di governo, visto che i sondaggi al momento dicono che il campo largo a novembre vincerà chiunque presenti.
Il programma si sta sviluppando sull’accordo di ferro tra Pd e grillini. Il pezzo forte sarà la riedizione del reddito di dignità, declinazione pugliese del reddito di cittadinanza che assicura fino a 500 euro al mese a chi è in difficoltà. Con la particolarità che il quadro dei possibili beneficiari - giovani coppie, ultracinquantenni, donne vittime di violenza, extracomunitari, famiglie numerose, single disagiati - è talmente vasto da non escludere nessuno, con la sola clausola che il cittadino risieda nella regione da un anno, e che quindi possa votare. Altro omaggio al fu governo giallorosso del premier di Volturara Appula, passato alla storia come l’esecutivo delle mancette, sono i bonus, che possono essere anche di pochi euro, tanto contano il gesto e il perpetuarsi dell’ossessione. Pare difficile non vengano confermati i dieci euro di incentivo a chi prende il bus come il più impegnativo pass per i laureati, ai quali la Regione offre voucher formativi da spendere in master. La perla è però il reddito energetico regionale, previsto anche nel manifesto programmatico Puglia 2030 elaborato dal Pd, che prevede fino a seimila euro di contributo a fondo perso per l’installazione di impianti fotovoltaici residenziali.
Altro nodo è l’Ilva: il governatore uscente, Emiliano, ha concordato un piano con il governo che prevede la decarbonizzazione dell’acciaieria con la sostituzione degli altiforni alimentati a carbone con tre forni elettrici, più un quarto da collocare a Genova. L’unica soluzione che rende l’impianto appetibile sul mercato e che già prevede un compratore disponibile.
M5S però non ci sta. Sostiene che l’ammodernamento ridurrà i posti di lavoro, ed è in parte vero. L’unico modo per mantenere una quota di occupati vicina a quella attuale sarebbe tenere nel porto di Taranto la nave termovalorizzatore; ma ai nasi pentastellati un’imbarcazione ormeggiata alla banchina puzza di affare poco chiaro. Che fare allora? Decaro, che tutti i giorni parla per mettere veti e paletti, se ne sta zitto sul tema; il che non è un buon indizio, visto che, per far fuori Emiliano, il candidato in pectore si è appiattito sulle posizioni di Conte. Per inciso, fosse per M5S, Ilva chiuderebbe; e allora addio a tutti i posti di lavoro a Taranto.
Sempre sul tasto della de-industrializzazione insiste il tema del Tap, il gasdotto pugliese che rifornisce il territorio dall’Azerbaijan e i grillini non volevano e per il quale è previsto un raddoppio della capacità, da 10 a 20 miliardi di metri cubi l’anno.
C’è uno scontro in corso sulle compensazioni e, con il centrodestra al governo, un’ipotetica giunta giallo-rosso-verde utilizzerà il tema per frenare il potenziamento. M5S e Avs sono una garanzia di questo.
Attendono la soluzione dello scontro interno al campo largo per sapere della loro sorte anche gli ulivi afflitti dalla xylella, batterio arginato ma non sconfitto da Emiliano.
L’attuale giunta si è imposta, con una strategia di lungo periodo che prevede abbattimenti, cinture di sicurezza per evitare il diffondersi del contagio e fondi per piantare nuovi ulivi. La visione grillina è un filo più rozza: mantenere in piedi le piante malate, così per conservare inalterato il paesaggio e bonus a pioggia agli agricoltori, che non possono più raccogliere le olive ma restano a fare i guardiani agli scheletri delle piante.

Anche qui, Decaro tace. Dove il candidato in pectore ha le idee chiarissime è sulla legalità. La giunta Emiliano è stata travolta dalle inchieste, con due assessori costretti a dimettersi, lauree taroccate per vincere concorsi pubblici e ambiguità che hanno lambito anche l’ex sindaco, e non solo perché il governatore in carica ha dichiarato davanti a una folla di averlo raccomandato alla sorella di un boss, quella è una bravata a cui nessuno ha dato reale importanza. È sulla giustizia che l’europarlamentare punta per dare l’idea di discontinuità e il via libera che Conte gli fornisce è una sorta di unzione sacrale.
Resta da spiegare il mistero politico: il Pd, M5S e Renzi sono certi che Decaro sarà candidato, ma lui continua a negare e sostenere che non scenderà in campo se Emiliano e Vendola non si ritireranno. Una pretesa balzana ma che ha il sostegno incondizionato dei leader di M5S, Italia Viva e anche di quello del Pd, per interposto Igor Taruffi, il responsabile dei territori. Perché succede questo? La risposta sta nell’asse di ferro dem-grillini e nel gioco della parti che comporta. Decaro attacca Vendola un po’ perché se attaccasse solo Emiliano svelerebbe di avere paura di un fantasma, molto perché Niki toglie voti a Conte e li porta a Fratoianni. Giuseppi gli restituisce il favore, sparando a zero sul governatore sceriffo.
Decaro non vuole i due grandi ex perché ingombranti. Loro non si smuovono. Come finirà? Per Emiliano è pronto un assessorato o un seggio in Parlamento da incassare subito, passando per le dimissioni di un onorevole pugliese da candidare in consiglio regionale. A quel punto, cadranno i veti su Vendola, che altrimenti rischiano di frantumare il campo largo.
Avs non ha neanche un candidato governatore e qualcosa bisogna cederle, anche perché Conte ha appena incassato la Calabria, dove la sinistra candida Pasquale Tridico, il papà del reddito di cittadinanza. Tutto torna.