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Direttivo PD. Si parla ancora del termine "compagni"

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A quattro giorni dalla manifestazione di Roma, a tenere banco è la querelle sul linguaggio democratico

Roberto Amaglio
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"Ma di che stiamo parlando?". Basta questo laconico commento di Franco Marini al termine dell'incontro della direzione del PD per spiegare quale deriva stia prendendo il dibattito politico del principale partito di opposizione italiano. Sarà per deformazione dei media, sarà perché il linguaggio “politichese” dei democratici sembra proprio non fare breccia all'interno dell'elettorato, ma il tema saliente su cui si sono concentrate le domande ai dirigenti PD sono ancora legate alle boutade politica sull'uso del termine “Compagni”. Il caso – Del resto l'irrilevante questione era stata rispolverata alla vigilia dell'incontro del direttivo da uno degli uomini di fiducia del segretario Bersani, ossia il deputato Giuseppe Fioroni. Riprendendo la lettera dei giovani del PD (i quali avevano consigliato a Bersani di non ricorrere a forme lessicali di “antico retaggio politico” del Pci), anche Fioroni ha preso carta e penna affidando i suoi pensieri a una lettera aperta. "Dà l'idea che il presente sia uguale al passato e in questo caso appariremmo come dei nostalgici. Ecco, caro Pierluigi, io non credo che per risolvere questi problemi pretestuosi sia sufficiente riporre speranze e attendere i “nativi del Pd”: credo occorra anche un nostro sforzo di saggezza”. Reazioni stizzite – Insomma il solito discorso sulle identità del partito, sulla storia, sul futuro e tante altre chiacchiere che già troppe volte hanno portato il PD a esporsi a polemiche e critiche. Anche per questo il segretario Pier Luigi Bersani stigmatizza la querelle. “Non mi pare assolutamente un problema, oggi ci siamo occupati di altri problemi”. “Del resto – aggiunge – avete sentito sabato: io dico sempre democratici, amici, compagni". Stizzito anche Franco Marini che, lasciando la sede del partito, si è detto fiducioso che la divagazione sia finita. "E' vero che compagni si chiamavano quelli dell'Unione sovietica, e allora avrei qualche riserva, ma è anche vero che il termine lo usavano i socialdemocratici e anche nelle riunioni sindacali, dove io ero quasi un po' geloso di quella parola. Tuttavia le riflessioni politiche si fanno su altre cose, non su quelle”. Esatto. Le riflessioni politiche si fanno su altre cose. Sta di fatto che questa querelle è l'unico spunto di interesse emerso nel corso del direttivo odierno ed e altrettanto vero che la discussione sul termine fa capolino all'interno dei partiti di centrosinistra dagli ormai lontanissimi anni '70. Insomma, democratici, amici, compagni (per dirla alla Bersani), se fossimo in voi, inizieremmo a preoccuparci.

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