In un fazzoletto di giorni, un po’ nella veste di autore di un libro fresco di uscita, e un po’ in quella di commentatore per questo giornale, sono stato invitato in tre – riuscitissimi – eventi dei partiti del centrodestra. In ordine cronologico, un weekend fa ero a San Benedetto del Tronto, ospite dei giovani di Forza Italia; questo sabato a Roma, a Fenix, da Gioventù Nazionale, l’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia; e ieri, domenica, al raduno leghista di Pontida. E cosa ne ho ricavato, al di là di un’accoglienza in tutti i tre i casi affettuosissima e carica di amicizia? Mi sono portato a casa la precisa convinzione (non solo una vaga sensazione) di un centrodestra certamente plurale ma di sicuro unito.
Un’unità non scontata, ma vissuta da tutte e tre le componenti come un valore irrinunciabile. Intendiamoci bene: le differenze ci sono, e specialmente Lega e Forza Italia non fanno mistero delle rispettive distanze su punti anche non marginali. Così come, in tutti e tre i casi, un sano orgoglio di partito c’è, ed è fatto anche di atmosfere, di tradizioni, di differenti blasoni: non a caso, il centro destra italiano si è articolato in tre grandi partiti, nel senso che dalle nostre parti il pur generoso tentativo di costruire una sorta di “partito repubblicano” o “partito conservatore” in grado di coinvolgere tutti sotto un’unica tenda non ha funzionato.
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A ben vedere, si è trattato di una evoluzione delle cose saggia. Lo schieramento oggi al governo si è rivelato capace di agire a fisarmonica: di compattarsi nelle prove elettorali (non c’è voto in cui i tre partiti vadano divisi) ma anche di espandersi e dilatarsi nel “day by day”, coprendo con le diverse sensibilità dei tre partiti segmenti differenti e più ampi di opinione pubblica alternativa alla sinistra.
Non si tratta - qui su Libero, figurarsi - di usare toni melassati o dolciastri: ma di constatare come a destra riesca da anni ciò che a sinistra non sono stati ancora capaci di realizzare. E cioè una coalizione unita, la possibilità di stare sullo stesso palco nelle prove elettorali (e poi fianco a fianco nelle.
giunte regionali, così come nel Consiglio dei ministri), senza rinunciare ciascuno alla propria attitudine a rivolgersi a diverse porzioni e strati della società italiana. Tre forze complementari ma non conflittuali, potremmo sintetizzare. È esattamente ciò che a sinistra sembrano incapaci di realizzare. E non solo perché l’unità appena “appiccicata” sulla scheda elettorale è contraddetta nei fatti: nelle Marche Schlein e Conte hanno tenuto eventi separati, mentre oggi Libero vi racconta la tragicomica vicenda calabrese della povera Elly Schlein abbandonata dal candidato Tridico, disperso non si sa dove proprio mentre la segretaria piddina era andata a sostenerlo. E non si sa se ridere o piangere.
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Ma c’è di più. Il guaio della sinistra si realizza sia per difetto sia per eccesso di unità. Per difetto, quando essa non si compie pienamente, come abbiamo appena visto. Ma anche per eccesso, quando il Pd, nel tentativo di incollare tutto l’incollabile, si mette disperatamente a inseguire Cinquestelle e Avs, di fatto aderendo in tutto e per tutto alle loro follie programmatiche, dal reddito di cittadinanza a un posizionamento geopolitico anti-Occidente. In questo caso, qual è l’effetto? La coalizione si estremizza, prevale sistematicamente il massimalismo, e soprattutto si arriva a una “indistinguibilità” tra il Pd e i suoi alleati.
Provate anche voi a fare il test: chi sa dire tre cose in cui il Pd è diverso da Conte o dal duo Bonelli-Fratoianni? Diciamolo sinceramente: non ci sono, non se ne trovano. Non a caso, da molti mesi, la somma dei voti attribuita dai sondaggi a quei tre partiti è sempre la stessa: varia solo la distribuzione interna del consenso. Ma il centrosinistra non appare in grado di allargare il suo perimetro, di rivolgersi ad altri elettori. Ciò che invece la destra ha fatto e continuerà a fare. Questo vuol dire che tutto va bene a destra? Ovviamente no, ci mancherebbe: ma sarà il caso per amici e avversari- di constatare che Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, con le loro (benedette) differenze, sanno stare insieme. E soprattutto sanno vincere