È arrivata anche la “fatwa” di Francesca Albanese. Per difendere l’indifendibile manipolatrice di video, Barbara Floridia, è scesa in campo la sacerdotessa dei pro -Pal che vorrebbe tenermi lontano dalla tv: «Colpa di chi lo invita a parlare di cose che non sa e non capisce». La passione di Albanese per le liste di proscrizione è un genere interessante che, come vedrete, nasconde un disegno. Il volantinaggio nelle redazioni televisive che Albanese dedica alla mia persona è un fatto nuovo, è l’ukase del capo del Soviet Supremo contro uno che canta fuori dal coro degli utili idioti di Ha mas. Quei colleghi che mi invitano a dire la mia nei loro programmi, ora sono avvisati, il partito unico pro -Pal li guarda e li giudica. L’articolo 21 della Costituzione, quello sulla libertà di espressione, per l’Albanese è a geometria variabile: se riguarda Sechi, meglio non applicarlo in televisione. Quando ci va lei e le capitano tra i piedi perfino delle domande, come è successo ieri a La7, allora sbrocca. All’editore Francesco Giubilei è bastato citare Liliana Segre per provocare la fuga di Lady Palestina dallo studio.

(Libero )
Una scena esilarante per quella che si propone come una rivoluzionaria. Non vuole le domande per sé, invoca la censura per gli altri. Per la signora Albanese, sono una “colpa” le mie idee sulla guerra in Medio Oriente e, come tale, diventa “colpa” la mia libertà di parlare in tv, naturalmente è più che mai “colpa” – che fa scattare la fustigazione della Sibilla di Gaza sulle redazioni disobbedienti - l’invito a esprimere in tv un commento diverso da quello del Giornalismo a Reti Unificate, quello dove la Albanese ormai parla senza contraddittorio, spargendo veleno su Israele, gli ebrei, i sionisti, fino a negare l’umana pietas agli ostaggi in mano a Hamas, dei quali perla vestale in kefiah non si deve chiedere il rilascio, un’altra “colpa”. Le capacità di revisionismo storico della “rapporteur” dell’odio sono note, non mi occuperò delle sue miserie ideologiche, qui c’è un plot ben più interessante delle sue farneticazioni, c’è una trama, una parabola, un obiettivo politico.
I segni rivelatori di questa storia sono tutti legati alla vicenda della Flotilla a cui la Albanese dava enorme importanza. Oggi sappiamo tutti che non era una missione umanitaria, ma propaganda galleggiante con l’obiettivo di forzare il blocco navale israeliano. Quando il Presidente Sergio Mattarella invita i flotillanti a dirottare gli aiuti verso il Patriarcato di Gerusalemme senza correre rischi di incidenti nello scontato abbordaggio della Marina israeliana, la Albanese non esita a sollevare la voce rivolgendosi direttamente al Capo dello Stato: «Presidente Mattarella, La prego di usare la sua autorità ed il suo peso politico, che oggi è quello di un Paese intero col cuore in frantumi, per chiedere ad Israele di fermare il massacro, invece che alla Flotilla, la nostra fiaccola di umanità in movimento, di fermarsi».
Non è un moto dell’anima pia, ma un gesto politico che come conseguenza ha trasformato il Presidente Mattarella in bersaglio dei cori della piazza pro-Pal. Una vergogna, che sommata agli incidenti delle manifestazioni, ai pestaggi delle forze dell’ordine, al dilagante anti-semitismo, alle intimidazioni verso i giornalisti che non si fanno complici del jihadismo, richiede un intervento proprio del Capo dello Stato. La sua voce è fondamentale, c’è una maggioranza silenziosa che la attende, come ha fatto saggiamente con il caso della Flotilla. E proprio la Flotilla è il simbolo della compagnia di giro che sta accarezzando l’idea di trasformare lo scenario dell’opposizione, facendo leva sulla politica estera. Ecco perché la Albanese è corsa in aiuto (missione impossibile) della senatrice Floridia, sono unite dal filo rosso di Gaza. È Barbara Floridia ad accogliere i parlamentari italiani dopo l’espulsione da Israele. È lei, la presidente della Commissione di Vigilanza Rai, a taroccare un mio intervento in tv sulla Flotilla per mostrificarmi, è lei che conferma la sua condotta senza freni via chat con il sottoscritto, addirittura rincarando - scrivendo «Meloni docet» - è lei che non fa un plissé e va avanti verso gli scogli negando la verità che è documentata. È la Albanese che scende come un lampo in soccorso rosso della Floridia, spiccando la fatwa sul direttore di Libero. Sei conservatore? Non sei un giornalista. Non sei pro-Pal? Sei un nemico da abbattere. Quando Floridia taglia un mio intervento in tv, ne omette una parte fondamentale per la comprensione, e mi pone sullo stesso piano dei leader (la premier Meloni e il vicepremier Tajani) mi sta indicando come un “agente politico”, mi espelle dal mondo del giornalismo (dove lavoro da oltre 35 anni) per piazzarmi come un barattolo del luna park nella linea del tiro al bersaglio (senza nessuna protezione) dei nemici del popolo. Indica il bersaglio. E quando la sua guardia repubblicana, l’Albanese della Palestina libera dal fiume al mare, lancia la sua freccia al curaro, spargendo la “colpa” sulle redazioni dei programmi che mi invitano in tv, mette il sigillo sull’operazione isolamento. Al resto qualcuno provvederà e con questo clima (ricordo a Albanese e Floridia che davanti alla redazione di Libero c’è da qualche mese un presidio fisso dell’Esercito), c’è solo da cambiare strada tutte le sere. Sono cose già accadute in passato, fanno parte della storia Repubblicana, sconosciuta a quelli che si occupano della “Palestina libera dal fiume al mare”.
E visti i pacifisti all’opera in questi giorni, c’è da stare attenti. In un corteo pro-Pal dell’altro ieri è comparsa la scritta “risparmia sugli addobbi di Natale: appendi un sionista! La corda è in omaggio”. Non ho pensieri lugubri, sono di ottimo umore e sono molto interessato alla trama di questa storia, all’obiettivo politico di questa strana combriccola di personaggi in cerca d’autore. Seguendo la rotta della Flotilla, le relazioni, gli scambi di carinerie, le calate delle scialuppe, le liste di proscrizione, è chiaro che a sinistra sta succedendo qualcosa. Prima di tutto bisogna ridurre lo spazio in tv (già modesto, direi minoritario) dei giornalisti conservatori (usando come una clava anche la presidenza della Vigilanza Rai, come abbiamo visto), creare le basi per una leadership nuova dell’agonizzante sinistra italiana, quella di Francesca Albanese, la nuova pasionaria con il pugno chiuso, pifferaia magica delle masse pro-Pal, il soggetto perfetto per una piattaforma politica anti-israeliana, anti-americana, anti-occidentale. Il trionfo dell’ignoranza. Le prove generali le abbiamo viste in piazza l’altro ieri, con lo sdoganamento dell’anti-semitismo del 7 ottobre come “giorno della resistenza”. È questa l’idea che circola, trasformare la Albanese nella Melenchon italiana, con il Paese nel caos, le barricate e i giornalisti che in video (solo quelli autorizzati a andare in tv) invocano pensosi il “regime change” a Palazzo Chigi perché l’era del fascio-melonismo deve finire. Non ci riusciranno, ma ci stanno provando.