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OPINIONE

Quando la verità dei fatti scoppia in faccia al circoletto

di Mario Sechivenerdì 10 ottobre 2025
Quando la verità dei fatti scoppia in faccia al circoletto

(Ansa)

4' di lettura

In meno di quarant’anni la sinistra è stata sconfitta due volte dalla storia. La prima volta fu nel 1989 quando crollò il muro di Berlino e la chiesa in terra del comunismo finì sotto le macerie; la seconda volta è arrivata l’8 ottobre del 2025, con il grande bagliore della Casa Bianca, Donald Trump gli è esploso in faccia come una supernova, incenerendo tutta la retorica sulla “Palestina libera dal fiume al mare”.

Il suo ciuffo se lo sogneranno per il resto dei loro giorni, come un incubo notturno. Sì, nella migliore tradizione di Libero, in attesa della liberazione degli ostaggi, intanto brindiamo. Alla pace, allo svelamento delle menzogne che si sono abbattute su Israele, al declino inesorabile della classe dirigente del progressismo a cui auguriamo una rinascita, non prima però di una lunga, sofferta, salutare, traversata del deserto. Non si può sfuggire al giudizio storico di fronte a questa catena di errori e orrori: parlavano di libertà e mettevano in catene gli innocenti, promettevano il benessere e rendevano tutti più poveri, inneggiavano a Mao e non vedevano le carceri cinesi piene di dissidenti, stavano con i Viet Cong che come Hamas, ecco la storia che ritorna si nascondevano in una rete di tunnel.

Così è successo anche con Israele, con la guerra a Gaza, con la Palestina, con una storia che racconta dell’esilio, della persecuzione, dell’Olocausto, della guerra degli arabi scatenata fin dal 1948 per “buttare gli ebrei a mare”. Trump e Netanyahu hanno vinto, loro hanno perso.

Compagni, è la storia che parla, ascoltatela, se ne siete capaci. Come ha ricordato il giornalista Amit Segal, l’ultima volta che la Knesset si è riunita durante la festività del Sukkot fu il 16 ottobre del 1973, il primo ministro era la leggendaria Golda Meir che annunciava al Parlamento israeliano che l’esercito aveva varcato il Canale di Suez ed era entrato nel territorio dell’Egitto, fu la svolta della guerra.

Cinquantadue anni dopo, la Knesset ascolterà il discorso del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Mezzo secolo separa questi due eventi, uniti dalla potenza della leadership, dalla visione, dal coraggio prima di tutto di chiamare le cose con il loro nome. Nel magistrale ricordo di Segal ci sono tutti gli elementi comuni della cronaca che si fa storia: un attacco a sorpresa sul territorio israeliano e l’epilogo degli eroici soldati di Israele che penetrano nelle linee nemiche. Le anime belle non vogliono neppure sentir pronunciare la parola “vittoria”, ma di questo si tratta, di una straordinaria pace conquistata con la guerra, il massimo della forza e la tenacia della diplomazia. Non era difficile resistere, era impossibile.

Le belve di Hamas hanno usato gli ostaggi fino all’ultimo minuto, tentato di replicare mille volte il 7 ottobre mentre diffondevano sulla Rete le immagini di ebrei che rievocavano gli spettri del Terzo Reich hitleriano. Dopo due anni di guerra, anche a Gaza hanno applaudito Trump. C’è molto da costruire e arriveranno altri momenti cupi, ma il successo della campagna militare israeliana è un libro aperto: Hamas si è arreso, Hezbollah è finito, l’Iran è uno Stato fallito destinato a cambiare regime. Per la prima volta l’area del Medio Oriente è più sicura e ha una prospettiva di stabilità. Per la prima volta i Paesi della Lega Araba hanno deciso di isolare gli islamisti e mettersi sulla via della pace. Il Medio Oriente sta per cambiare volto, gli accordi di Abramo si moltiplicheranno, le reti dell’energia e della finanza gli daranno uno sviluppo esponenziale, gli ebrei e gli arabi potranno progettare insieme il futuro. E con loro tutti i palestinesi di buona volontà che vorranno entrare nella contemporaneità, abbandonando il medioevo dell’ideologia del terrore. Stiamo vivendo giornate storiche, e va detto con chiarezza che, in un’Europa sonnambula, si eleva al di sopra di tutte la figura di Giorgia Meloni. La premier, ancora una volta, ha dato prova di lungimiranza, equilibrio, capacità strategica nel guidare la politica estera italiana. Occidentale, europea senza -ismi, atlantista, severa con Israele quando era necessario, ma leale con le ragioni del mondo libero, sempre contro gli oppressori che puntano la pistola alla tempia della democrazia. L’Italia è rimasta dalla parte giusta della storia, altri no.

Per loro ci sarà il tribunale del tempo, il cui verdetto sarà inesorabile, chi non ha creduto al piano Trump è oggi tra gli sconfitti. È una lezione indimenticabile per la sinistra senza bussola, per gli imbarcati della Flotilla, per gli antisemiti del 7 ottobre “giorno della resistenza”, per il pacifismo parolaio, per gli utili idioti di Hamas, per i nemici dell’Occidente. In questi due anni qui a Libero non abbiamo mai ceduto alla retorica, al ricatto dei buoni sentimenti, al pensiero debole, alla tentazione dell’appeasement. Come diceva Bertolt Brecht, “ci siamo seduti dalla parte del torto perché gli altri posti erano occupati”. E avevamo ragione.