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Intercettazioni, il Pd su Ghedini: "Ha passato il segno"

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Il deputato del Pdl a Napolitano: "Se vuole criticare il ddl si faccia eleggere". E Bersani protesta: "Non può rivolgersi così al presidente"

Eleonora Crisafulli
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Dopo l'intervento di Ghedini sul ddl intercettazioni e sulle dichiarazioni di Napolitano, nell'opposizione si scatenano le polemiche. "Nessuno può rivolgersi in questo modo al presidente della Repubblica", protesta il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, parlando con i giornalisti a margine di un convegno. "C'è un nervosismo nella maggioranza che si scarica in affermazioni poco eleganti. Ho letto con imbarazzo, da italiano, le dichiarazioni di Ghedini. Nessuno può rivolgersi in questo modo al presidente della Repubblica, tantomeno uno che si dice avvocato e dice di sapere qualcosa di politica". Per il segretario del Pd, "stiamo superando il segno". Il deputato del Pdl aveva affermato che "i commenti del Quirinale sono assai pregevoli, ma c'è un Parlamento, eletto da una quarantina di milioni di elettori: spetta a quest'ultimo decidere. Visto che non siamo in una Repubblica presidenziale".  Ghedini smentisce che i consigli del Quirinale non sono stati ascoltati, come lamenta il presidente Giorgio Napolitano: "Il Quirinale aveva raccomandato che si discutesse prima la manovra che scade il 30 luglio. Il ddl intercettazioni è stato calendarizzato il 29 luglio e verrà discusso nella prima settimana di agosto. Quindi mi  sembra evidente che dell'intervento del Colle si è tenuto conto". Quanto ai rilievi mossi dal capo dello Stato su alcuni punti critici del testo, Ghedini osserva che questa "è una novità del   punto di vista istituzionale" perché "la valutazione del capo dello  Stato non è su problemi di natura tecnica. Altrimenti dovrebbe farsi eleggere. La valutazione è sulla costituzionalità. Le criticità tecniche esulano dalla sua competenza”.

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