«Lancio un appello, attraverso Libero: sfido Cesare Parodi a un dibattito pubblico con questo titolo: “La casta togata ha torto o ha ragione?”. Scelga lui luogo e moderatore”».
Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato di Forza Italia, risponde alle domande di Libero dopo le ultime dichiarazioni del presidente Anm. Ieri mattina, Parodi parlando a “Omnibus” (La7) ha ammesso che non è degna di un Paese civile la durata trentennale dell’accusa sui legami tra Silvio Berlusconi e la mafia, definitivamente spazzata via da un pronunciamento della Cassazione solo pochi giorni fa. Il tutto si colloca nel dibattito sollevato dalla primogenita del fondatore di Forza Italia, Marina, in una lettera al Giornale di sabato.
Parodi ha ammesso l’inaccettabilità dei 30 anni, non basta?
«No. Riconosco a Parodi uno stile diverso, più equilibrato rispetto ad altri esponenti dell’Anm, presenti e passati. Posso concordare che può aver compiuto qualche errore di comunicazione. Ma la sua presa di posizione non è sufficiente».
Cosa manca?
«Il riconoscimento pieno dell’assoluta gravità di quello che è avvenuto. Abbiamo visto e vissuto il significato del fatto che Silvio Berlusconi sia stato avvolto, in tutto il suo percorso politico, da quest’accusa pesantissima. Un’accusa totalmente falsa che ha condizionato la vita politica di questo Paese. Per una persona con quel ruolo pubblico, che da leader concorre per guidare dei governi, l’accertamento della verità dovrebbe arrivare prima degli altri. Mi domando: “Quante persone magari avrebbero voluto votarlo e poi non l’hanno fatto ritenendolo presunto colpevole?”».
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Viva il coraggio di Marina Berlusconi, la fierezza nella difesa del padre, il rifiuto di accontentarsi di “giustiz...Dove si coglie l’assurdità di questa accusa?
«Che l’accusa fosse surreale, poi, era ben noto. Se Silvio Berlusconi ha ritenuto di riconoscere delle elargizioni economiche a Dell’Utri è perché un po’ ciò rientrava nella generosità dell’uomo, un po’ perchè stiamo parlando della figura che lo ha accompagnato in tutta la sua carriera imprenditoriale, lo ha affiancato nella creazione e nello sviluppo del suo gruppo passo dopo passo. Tradurre tutto ciò in un importante riconoscimento economico mi pare assolutamente pacifico. L’accusa è stata ed è una pagina terribile della nostra storia democratica, e Berlusconi non ha nemmeno potuto assistere all’affermazione della giustizia. E non è finita».
Cioè?
«È ancora in piedi l’inchiesta di Firenze, che vuole ricollegare Berlusconi, Dell’Utri e il generale Mori, questi ultimi due ancora viventi, alle stragi di mafia. Il pm che l’ha sostenuta, Luca Tescaroli, è stato addirittura promosso procuratore a Prato. Ma io ho una certezza: non li mollo, sto ai polpacci di tutti loro, dagli Scarpinato ai Pignatone. Sa che Pignatone ha acquisito 24 immobili da soggetti, calibro le parole, molto opachi? È agli atti dell’Antimafia e della Procura di Caltanissetta. Se io avessi acquistato un bottone da una persona minimamente sospettata di malaffare, cosa sarebbe accaduto? La lapidazione!».
La gravità di quanto accaduto con Berlusconi è stata sollevata dalla figlia Marina in una lettera al Giornale. Che effetto le ha fatto leggerla?
«È una testimonianza accorata e fondamentale. Marina Berlusconi è custode di una memoria, di una fatica industriale, di una vivacità culturale ed editoriale. Di fronte alle sue parole tutti dovrebbero maturare una riflessione. È una figlia che parla di un padre perseguitato. Le dico per esperienza personale: in tutti questi anni ho assistito in prima persona alla ferocia di questa persecuzione giudiziaria. Ricorda il famoso avviso di garanzia del 1994, mentre Berlusconi era al vertice Onu di Napoli da presidente del Consiglio? C’ero, da giovane sottosegretario all’Interno. Poi ho vissuto tutte le altre circostanze, alcune molto dolorose come la decadenza al Senato nel 2013. Lì ero con lui. E se questa cosa ha fatto soffrire noi, figuriamoci la sua famiglia. Per questo la lettera di Marina è molto importante».
Giovedì arriverà l’ok definitivo alla riforma che contiene la separazione delle carriere. Che Italia è quella che entrerà nella campagna referendaria?
«È un’Italia che ha l’occasione di affermare la priorità della riforma della giustizia, la fine del suo uso politico. Dunque il referendum dovrà confermare con un plebiscito popolare, un giudizio anche di valore sugli errori della giustizia, sul suo cattivo funzionamento. Dunque sarà un referendum non solo sulla riforma ma anche un voto alla carriera di “questi qua”».




